Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


mercoledì 30 maggio 2012

La rivincita della bionda






Puoi dire che ti sta antipatica, che se la tira, che ormai ha raggiunto vertici di arroganza esagerati. Puoi. Magari non ci prendi, ma è lecito. Puoi considerarla finita, o prenderne le parti sostenendo un complotto contro di lei, ma non puoi fare meno di considerare che è una che ce l’ha fatta. E con genialità. E arrivando in tutto il mondo.
Perché lì dov’è adesso c’è arrivata con determinazione, volontà, strategia e intelligenza. Ed essere una gran bella ragazza certamente non l’ha danneggiata. Anche se non s’è buttata in politica.
Chiara Ferragni è un personaggio pubblico: in tre anni è passata da navigare nella sua stanzetta a firmare collezioni di moda, sfilare per le principali case e viaggiare tra una presentazione di collezioni e l’altra. In tutto il mondo. Il suo blog bilingue totalizza circa 2 milioni di contatti. Al giorno! Hai voglia a criticarla poi: sembra solo frutto di invidia! Perché puoi anche dire che il blog è banale, noioso, poco brillante. Poi come li giustifichi 1.775.000 click tutti i santi giorni?
Chiara è sotto accusa perché, qualcuno ha scoperto e rivelato on-line, che ha chiesto cifre a quattro zeri per presenziare ad un evento di moda.
Si fa pagare? Quindi non è una blogger dura e pura?
Che cosa c’è di strano? È il suo lavoro! Forse che i blogger che scrivono di marketing lo fanno perché spinti da un irresistibile afflato umanitario avvolto di volontarismo sociale? O non per costruirsi una reputazione e attrarre clienti? E chi scrive di cucina lo fa per placare la fame nel mondo? O per promuovere il suo prossimo libro di ricette?
Ma non è questa la sede per dare giudizi morali che sarebbero anche molto temerari. Qui voglio cogliere una strategia che è stata capace di costruire un personaggio, e ancora di più un lavoro, in poco tempo e in anni intrisi di crisi da spezzare i polsi.
Come c’è riuscita? Lo spiega lei stessa, ovvio: dal suo punto di vista, in questo post del suo blog di moda raccontando come è stata selezionata da AmEx per il loro progetto Show Your Potential. Ed è una lettura interessante dalla quale dobbiamo cercare di spremere le giuste idee da applicare, adeguandole e adattandole, alla nostra realtà.
Chiara è un esempio di come la rete possa realmente costituire un trampolino di lancio e di come una sapiente miscela di on e off line aiuti ad avere successo.


La lezione da trarre è semplice e la possiamo riassumere in questi tre punti:

1)   costruisciti una solida reputazione on line prima di monetizzare il successo. Quindi abbi pazienza, lavora per il futuro, che non è così lontano, e non per il presente. La visione miope uccide, il capo alto verso l’orizzonte salva.
2)   Pensa ampio e ambizioso: il mondo non è lontano. Se una 24enne che ha aperto il suo blog il 24 ottobre 2009 (sì, fanno meno di 32 mesi) in piena crisi è riuscita a conquistare il mondo, che cosa non si può immaginare e fare?
3)   Il web bisogna saperlo usare. Come scrive Jovanz74, espertissimo del web e padre dell’esperimento mediatico Gilda35 Chiara Ferragni ha delle competenze sul web broadcasting che fanno spavento”. Oggi è imprescindibile dominare le logiche del web e capirlo per bene: non lo sai fare? Basta scegliere il consulente affidabile che vuoi e le strade sono spalancate.


La crisi si può battere, basta pensare fuori dalla scatola.

lunedì 28 maggio 2012

Mi voglio rovinare: regalo tutto. Tutto gratis!




Mi voglio rovinare: voglio lavorare senza essere pagato.

Voglio offrirvi la mia professionalità gratis!

Se trovate la falla in questo ragionamento, se mi dimostrate che quello che scrivo è sbagliato, che avete ragione voi, allora garantisco che un progetto gratis al primo che mi confuta glielo metto lì, sul tavolo, neanche fossi il baffo con la sua asma.

Accettate la sfida?




Vendo conoscenze. Che mi sono conquistato con fatica. E investimenti.
Vendo tempo: il mio sì, che non è stoccabile, ma anche il tuo.
Vendo la possibilità di darti qualche cosa che non hai, che non sai: che ti costerebbe di più avere e sapere.
Ti garantisco aggiornamento, studio, ricerca: certo, ti devi fidare, ma questo è compito mio, nel senso che devo riuscire a creare credibilità così che tu possa metterti nelle mie mani.


Che sia corretto condividere i rischi lo capisco, Specie oggi. Che sia giusto anche per valutare se sono un millantatore, un esperto di wannamarcheting o davvero qualcuno che può darti valore aggiunto, aiutarti a raggiungere i risultati, mi sembra indispensabile.

Condividere però vuol dire mettere insieme: rischiare insieme. Io e tu. Io con il mio tempo, venduto sottocosto, tu con un investimento minimo.

Perché se tu rischi, rischio anche io: dato che il mio tempo non è moltiplicabile né conservabile, se lo investo per te non ce l’ho per altri. Perché io le cose le faccio bene, con professionalità e onestà. Se ti dico che lavoro per te, lo faccio con tutto il committment che posso.
E nessuno lavora gratis. Tu per primo.
Rischiare sì, gratuità no.

Purtroppo la professione che mi sono scelto è una di quelle per cui tutti dicono: ma che cosa ci vuole! Lo so fare anche io! E meglio di te!

È costruita sulla mia esperienza, che non è banale: conoscere una rete di persone affidabili e che si fidano di te (e delle aziende che presenti) costa tempo ed energie. Restare al corrente di tutte le tesi più moderne, dell’uso del web avanzato è un investimento. Sapere come si usa commercialmente FB o Twitter, come strutturare un sito o un blog, come usare un codice QR o una pagina di Pinterest non si impara leggendo un paio d’articoli alla sera mentre guardi la tv.  


Costa tempo ed energie.

E tu, se compri questa competenza, fai un investimento che ti costa senza dubbio meno della figuraccia che potresti fare producendo un sito in cui si parla solo di te e della tua mercanzia o un video amatoriale, che sembra fatto alla festa di compleanno della tua primogenita, dove non fai che ripetere quanto sei bravo e quanto sei attento alle materie prime e come è alta la qualità del tuo prodotto. 
E ti permette di evitare di credere che una pagina FB con 12 mi piace abbia efficacia. O che tu possa vendere una maschio registrato facendo pubblicità sulla tua pagina FB da 18 amici.


Però, tu vuoi questa mia competenza, a gratis e dopo averla disprezzata e mi chiedi: e se non tu producessi risultati? Avrei buttato via dei soldi!

Quali risultati? Che tu venda di più?

E come possiamo sapere se il mancato incremento di vendite sia colpa mia? Se tu non stai dietro alle richieste con la produzione? Se consegni in ritardo? Se non produci capi di qualità? Se non investi nell’innovazione? È colpa mia forse?

E come li misuriamo questi risultati se iniziamo vendendo on-line? Mi devo fidare di te e di quello che dici? Mi dai piena visione dei tuoi bilanci? Io mi devo fidare e tu?

Perché proviamo a vedere la vita dei servizi come va realmente. Quali sono quei servizi che paghi sempre e comunque, cash, e non ti poni mica dei dubbi:

a) l'università, diciamo la Bocconi per dire: cosa fai? Dici che non paghi la retta fin dopo la laurea e oltre adducendo questo dubbio: e se non trovassi lavoro?

b) e quando vai da un avvocato, gli dici: e se non vinco la causa?

c) e al medico chiedi: e se non guarissi?

d) al tuo psicoterapeuta gli dici: e se non mi passasse?

e) e se compri un libro, dici al negoziante che non lo paghi: e se non mi piacesse?

f) alle compagnie telefoniche, che ti vendono possibilità di traffico, dici forse: e se mi chiama qualcuno che non voglio sentire?

g) e quando vai in vacanza, all’agenzia dici che non li paghi: e se piove? se non mi diverto?

h) se ti vuoi iscrivere ad una scuola di lingua subordini il pagamento: e se non imparo?
i) la palestra: e se non dimagrisco? E se non migliora il mio fisico?
l) il maestro di tennis, golf, nuoto: e se non miglioro?
m) la scuola guida: e se non prendo la patente?
n) la pubblicità: radio, tv, giornali, pay per click: e se poi non compra nessuno?
o) la formazione aziendale: e se poi non cambiano atteggiamento?

Perché allora da me che posso darti strategie, contatti, canali, idee, vuoi totale condivisione del rischio? Perché dovrei farti una pagina FB o un sito web o un video senza chiederti almeno il rimborso spese?

Perché non applichi a me quello che gli altri applicano a te?

Se tu sei il primo a non credere nel tuo successo non volendo rischiare nemmeno una manciata di euro, perché dovrei crederci io più di te?
Devo avere il coraggio del consulente che ti dice, come scrive qui sotto Fabrizio: "non ti vado bene? Arrivederci e grazie: quello che ci perde sei tu". 
Come suggerisce anche Patrick Lencioni.

sabato 26 maggio 2012

esportare dalla Spagna: un punto di vista diverso sull'export




Ho incontrato Carlos Domìnguez Pacheco sul grande mare di internet, su Twitter per la precisione e ho iniziato a seguirlo colpito dall’arguzia delle informazioni che condivideva. Proprio per mettere la sua competenza al servizio dei lettori di questo blog gli ho chiesto di concedermi una intervista.
Carlos è titolare di Cadex Comercio International, ed è molto presente sul web con un profilo Twitter ed un Linkedin ad esempio, oltre ad un interessante blog in lingua spagnola sull’export.
Siamo partiti proprio da qui: Spagna e Italia sono paesi cugini in un certo qual modo, più simili tra loro che con altri paesi europei: le imprese spagnole devono affrontare le medesime sfide e difficoltà di quelle italiane nell’esportazione?
Sì, è vero ci sono molte similitudini tra le nostre PMI, ma credo che ci sia soprattutto una grande differenza, tutta a vostro favore: la forza del brand del vostro paese. “Made in Italy” è un concetto amato e apprezzato nel mondo. La Spagna può avere qualche vantaggio con l’America Latina, ma è un privilegio che stiamo perdendo rapidamente. In altre zone siamo pressoché sconosciuti e senza un brand nazionale forte (NDR per questo proprio in questi giorni si sta lanciando una campagna a favore del Made in Spain). La ragione di ciò dipende dalle nostre 17 regioni che si sono combattute aspramente l’una con l’altra sui mercati esteri senza ottenere nulla, come era da attendersi. Per fortuna questa situazione sta cambiando grazie all’azione dell’ICEX: e non perché i nostri politici pensino che si debba fare, ma perché i governi regionali non ce la fanno più a investire e sostenere la guerra.

Nella tua esperienza quali dovrebbero essere i fondamenti ineludibili di una strategia di export?
Ne segnalo quattro
1)   stabilire il punto di partenza attraverso una analisi SWOT, il livello di coinvolgimento che intendiamo mettere in campo, i prodotti/servizi realmente esportabili, le risorse finanziarie disponibili e così via
2)   definire i clienti potenziali attraverso gli opportuni segmenti
3)   definire i mercati potenziali
4)   definire come arrivare ai clienti in quei mercati
Qual è il modo migliore per dare il via ad una campagna di export?
Per partire è necessario svolgere una ricerca approfondita on e off-line per capire quali siano i mercati più appetibili

Quali sono i paesi più interessanti da considerare per l’export?
Sarò banale ma ovviamente indico Sud America, il Sud Est dell’Asia e l’Africa come mercati da considerare. Poi dipende dai prodotti.

Quali tipologie aziendali dovrebbero considerare l’export seriamente? Quali sono le caratteristiche che dovrebbero avere le aziende e quali prodotti hanno più chance di avere successo?
A mio parere l’high-tech e l’informatica di frontiera, l’industria delle energie rinnovabili con grandi prospettive nel mondo occidentale (NDR ad esempio il Canada del quale ci siamo occupati tempo fa), l’alimentare nelle sue specificità gastronomiche di nicchia e di gusto e i servizi ad alto valore.
Dall’elenco manca la moda: consideriamola non una dimenticanza ma una conferma dell’eccellenza italiana.



Per finire ci può descrivere i servizi che offre?
Cadex Comercio Internacional, la mia azienda, sta lasciando il passo al mio nome come brand. Il mio valore consiste nel fornire suggerimenti e consigli alle PMI per trovare la giusta strada di vendita in molto paesi stranieri, specie Sud America, con particolare riferimento all’individuazione della corretta rete di vendita e di agenti per il Regno Unito e l’Irlanda.

lunedì 21 maggio 2012

Fare affari in Turchia

Ripubblichiamo qui oggi un post apparso sul blog di Panorama che abbiamo trovato decisamente interessante
Il testo originale si trova qui 
Ringraziando Panorama e l'autore del testo auguriamo a tutti buona lettura


di Zornitza Kratchmarova
Mamma, li turchi! Terrore puro? Al contrario, perché Ankara potrebbe essere il nuovo Eldorado per le imprese italiane. È quanto sostieneEmma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria che parla di «sbocco importante per la nostra industria». Le fa eco Massimo Vari, sottosegretario allo Sviluppo economico, e capo-missione di una tre giorni in Turchia con 360 partecipanti tra imprenditori (oltre 160), gruppi bancari e associazioni di ogni tipo svoltasi ai primi di maggio, nonché promotore del vertice bilaterale Roma-Ankara tenutosi in Italia l’8 maggio.
E riassume: «Il sistema finanziario del Paese è solido. L’ambiente politico è stabile. La posizione geografica è strategica». Come dire: in un momento di «vacche magre» come questo approfittarne è d’obbligo. E poco importa se il 2 maggio l’agenzia di rating Usa Standard & Poors ha abbassato il giudizio sul debito turco da «positivo» a «stabile» facendo infuriare il premier conservatore Recep Teyyip Erdogan, che non ha esitato a bollare la decisione come «assurda».
Anche perché gli indicatori economici di quella che in molti chiamano la «Cina islamica» per via dei tassi di crescita pressoché unici sono invidiabili, con un Prodotto interno lordo 2011 in progressione dell’8,5% e un Pil pro capite a quota 10.500 dollari (era fermo a 3 mila meno di 10 anni fa).
«Entro il 2023, anno del centenario della nascita della Repubblica turca, dovrebbe raddoppiare a 20 mila dollari l’anno, forse più» racconta aPanorama Economy Ferdinando Pastore, direttore dell’agenzia Ice di Istanbul. E snocciola altri dati difficili da riscontrare altrove: l’età mediadella popolazione è di 29 anni (contro i 43,5 registrati in Italia) e lacrescita demografica è a doppia cifra con 100 milioni di persone attese entro il 2050 (contro le 74 attuali).
Per Pastore puntare sul mercato interno conviene. Tramite l’export, ma anche attraverso insediamenti produttivi diretti che trasformino il Paese in una base di partenza per la conquista di altri mercati adiacenti e in espansione, quali l’Est Europa o il Medio Oriente.
«Quello che è certo è che il governo fa il possibile per attrarre gli investimenti esteri» interviene Massimo D’Aiuto, amministratore delegato di Simest, la finanziaria pubblico-privata che da anni affianca le aziende italiane che scommettono sull’estero e che nella sola Turchia ha messo a segno 33 partecipazioni in cinque anni per un totale di 600 milioni di euro investiti.
Mentre i finanziamenti a tassi agevolati concessi nello stesso periodo a 170 imprese per progetti relativi ad Ankara ammontano a 2,9 miliardi di euro. E precisa: «Finora a farsi largo sono state le aziende di taglia medio-grande attive perlopiù nell’automotive, nelle infrastrutture e nel manifatturiero. Ma il futuro prossimo è delle piccole e medie imprese».
Le condizioni per chi decide di insediarsi sul posto sono molto favorevoli. A cominciare da quelle delle 20 zone franche attive (vedere mappa sopra) e forti di vantaggi fiscali indiscutibili: assenza totale di tassazione sui redditi societari e personali; dazi azzeratiesenzione Iva al 100%; possibilità di rimpatrio totale dei capitali; possibilità di avere unasocietà controllata al 100% e altro ancora. Il tutto a tempo indeterminato.
O meglio: fino a quando la Turchia non entrerà nell’Unione europea e dunque dovrà abolirle per forza. Se mai vi entrerà. Perché al di là delle dichiarazioni di facciata, sono in molti a storcere il naso di fronte alla possibilità che un Paese musulmano grande quanto la Germania possa sedersi ai tavoli di Bruxelles.
«Zone franche o meno, le condizioni di lavoro in Turchia sono allettanti» riprende Pastore e fa il punto su quelli che sono gli stipendi medi annuidei lavoratori locali: 14.500 lire turche (pari a 6.170 euro) per ogni operaio; 21.500 lire turche (9.150 euro) per un impiegato; e 45.170 lire turche (19.220 euro) per un dirigente.
Come dire: un terzo circa di quanto percepiscono i loro pari grado in Italia. Parliamo di cifre nette in busta paga. Ma questo non può che fare allargare la forbice della convenienza, visto che la nostra pressione fiscale è tra le più alte al mondo. «L’unico neo è la bolletta energetica» precisa Pastore e cita un dato per tutti: la benzina si attesta a 4,5 lire turche al litro pari a 1,92 euro ossia in linea con i dati italiani.
Motivo: la lira turca è stata svalutata per favorire l’export e il peso dell’energia pagata in dollari è esploso. Che sia un’arma a doppio taglio, destinata a rinfocolare l’inflazione? Può darsi. Ma il ministro delle Finanze Mehmet Sismek rassicura e parla di «atterraggio morbido».


venerdì 18 maggio 2012

C'è la crisi? Facciamoci un Fernet!

Prossimo post lunedì 21 maggio




Come sconfiggere la crisi? Come superare questa depressione che va ben oltre la tenuta della propria azienda, arriva a sfidare il valore della vita, propone confronti profondamente sbagliati contrapponendo dignità ed esistenza come se una negasse l’altra?
Oltre a suggerire qualche spunto come abbiamo fatto nel recente passato, oggi vorrei invece  presentare dei casi di chi ce l’ha fatta e cercare di capire come prendere esempio da loro. Infatti Radio24 da mesi cerca di proporre qualche scintilla che illumini il buio nel quale precipitano prima la mente, poi il cuore, poi la volontà finendo per condurre ad una disperazione dalla quale si pensa di non poter mai uscire se non con un gesto estremo.
Il raggio più potente è quello che consiglia di sedersi e guardare fuori dal proprio finestrino, con l’aiuto di altri, per provare a vedere la situazione con occhi diversi, non resi cisposi dal terrore, farsi aiutare a trovare nuove strade.
Nel confermare la mia disponibilità a dare questo aiuto, con gratuità e condivisione nei limiti delle mie possibilità, voglio offrire oggi questi esempi.
Il primo viene da lontano, da quell’Argentina che ha vissuto una crisi ben peggiore della nostra dove il conte filosofo Niccolò Branca riuscì a non licenziare nessuno dopo aver impiantato nuovi stabilimenti inaugurati proprio alla vigilia dello scoppio della depressione economica.
Questo articolo ci presenta una manciata di aziende virtuose, capaci di tirare fuori attributi ed idee per superare la stagnazione nazionale vendendo all’estero. L’articolo di Dario di Vico ci aiuta a scoprire come queste aziende siano state capaci di uscire dalle sabbie mobili.
Per finire l’intervista di Daniele Manca a Luciano Benetton, che nel passare il testimone al figlio propone una serie di consigli preziosi per definire strategie vincenti e sbloccare quella interruzione di idee che il timore di non farcela in genere produce.
Suggerirei di cercare idee anche in questi post del mio altro blog che si focalizza sulla vendita, sull’uso creativo dei mezzi informatici ad esempio 


(Delle possibilità offerte applicazioni tecnologiche abbiamo parlato di recente anche su questo blog 
Pinterest
QR Code)

p.s. la foto è tratta dal sito di Panorama

mercoledì 16 maggio 2012

Strumenti web- QR code


Prossimo post venerdì 18 maggio





Proseguo nel parlare del commubio tra export e new media occupandomi dei codici QR. Qui trovate un articolo che riassume il tema e suggerisce link per approfondire.

E' abbastanza semplice essere creativi, a volte basta ricordare la propria infanzia: il desiderio forte di lasciare un segno, di essere conosciuti, di far sapere al mondo che ci sei. Ed è ancora più semplice essere creativi usando la creatività di altre persone.
È esattamente quello che è stato fatto il creatore della pubblicità che lancia la quinta stagione del serial tv "Mad Men", così come è descritta da questo post interessante (in inglese) e questa considerazione ancora più intelligente postata da Stefania Boleso sul suo blog di marketing.
Mettete qualcuno di fronte a un foglio bianco e, se non è uno scrittore che è tenuto a scrivere un secondo best seller, non impiegherà troppo tempo per disegnare un mondo. In realtà è quello che è successo come si può vedere se si cerca "Mad Men falling man poster " su Google Image: ecco cosa troverete.
Quindi è possibile utilizzare muri in un modo innovativo.
Un altro buon esempio è il seguente, descritto in questo articolo scritto da Xath Cruz, è il modo in cui un negozio di musica indipendente a Hong Kong, Zoo Recod, ha utilizzato un muro e un QR-code per promuovere artisti nuovi. È possibile scaricare una canzone, basta sfruttare il QR-code nascosto nel disegno degli animali dipinto sul muro.
Ora, questo ci dice che non c'è limite alla creatività, una volta che si vuole provare qualcosa di nuovo: e ciò che è anche intrigante è che si tratta di iniziative a costi irrisori.

Ecco alcuni altri suggerimenti per usare una combinazione simile per promuovere alcuni prodotti

1)  diversi episodi che raccontano la storia di un prodotto o di un negozio: i pezzi della storia potrebbero essere raccolti attraverso vari QR-code pubblicati su pagine web (Facebook, proprio sito, proprio blog) o in immagini pubblicate su Pinterest.

2) codici QR sul proprio biglietto da visita o su un mazzo di carte da gioco da regalare

Avete altre idee da aggiungere alla lista?

lunedì 14 maggio 2012

Il supporto delle nuove tecnologie: Pinterest



Prossimo post mercoledì 16 maggio






Vorrei dedicare un paio di post a nuovi fenomeni del web che possono aiutare una strategia di export.
Inizio con Pinterest, il nuovo social media fatto di immagini, che sta indubbiamente assumendo un ruolo sempre più rilevante come strumento di marketing. Paola Frateschi, il cui account Twitter è questo, nel ha parlato di recente in questo post sui social media e oggi vorrei presentare alcuni link e idee sul tema, dato che si può tracciare un immediato collegamento con un articolo apparso sul famosissimo blog Mashable sul tema dello sviluppo del proprio brand (ne abbiamo già parlato anche qui in questa pagina) specialmente, ma non solo, adatto all’industria della moda.
Navigando in rete già si trovano già i primi blog interamente dedicati a Pinterst come questo ad esempio che si definisce il primo blog italiano, o quest’altro in lingua inglese.
Ciò che ha attirato la mia attenzione, scatenando la mia passione per Pinterest, è stato questo articolo che suggerisce ciò che va fatto e non fatto in una strategia di marketing e in modo particolare di come Pinterest possa essere utilizzato come strumento per raccontare storie.
Siamo visuali, amiamo l’immagini, e quindi la possibilità di mostrare  ai propri clienti cosa offriamo o che cosa vogliamo raccontare costituisce una strada preferenziale per raggiungere i clienti.
Mashable suggerisce che raccontare storie sia il modo migliore per ottenere il coinvolgimento delle persone. E sicuramente i video (pubblicati su YouTube o Vimeo) sono la prima scelta: ciò che si può ottenere con questo mezzo ha praticamente infinite possibilità.  Come dimostra il successo ottenuto da questo video di P&G sulle mamme o quest’altro famoso realizzato da Cric Film autori di splendidi filmati.
Ma anche se realizzare un video oggi è semplice, raccontare storie con fotografia, una sorta di fotoromanzo del nuovo millennio, e raggiungere più facilmente un pubblico ampio. Anche perché a volte di fronte ad un video, che ci porta via tempo, rinunciamo mentre davanti ad una foto…
Così Pinterest può realmente essere uno prezioso strumento di marketing.
Che cosa ne pensate? 

giovedì 10 maggio 2012

I 7 errori più comuni per l'export

Prossimo post lunedì 14 maggio




Ecco una breve lista che contiene i 7 errori più comuni che si possono fare nel promuovere le proprie soluzioni all’estero.
1.     Pensare che basti avere un buon prodotto per avere successo e non avere obiettivi specifici
2.     Non predisporre tutto dall’inizio & non avere una squadra pronta e motivata.
3.     Avere fretta: nel partire, nel valutare, nel ritirarsi
4.     Non considerare la necessità di adeguate fonti finanziarie
5.     Non appoggiarsi alle persone giuste
6.     Non avere un piano ben definito e Non studiare prima di agire
7.     Trascurare gli aspetti burocratici, legali e soprattutto culturali

Che ne pensate? qual è la vostra esperienza in merito? Che cosa avete fatto per evitarli?