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lunedì 2 gennaio 2012

Due interviste per capire l'export

Retweet: la ristampa dell'export. I primi post del blog nuovamente disponibili







Il made in Italy va forte, e non solo nella moda.
“Un nostro distributore statunitense ha preteso che sul prodotto fosse scritto ben visibile Made in Italy e ci  presenta come la Cadillac del settore”.
Non stiamo parlando di abbigliamento o scarpe artigianali. Bensì di dispenser per nastro adesivo. Massimo Mazzucchelli, anima di FMPack,  spiega come la qualità italiana è riconosciuta e apprezzata anche in settori lontani da quel mondo fashion di cui tutti parlano.
La Fratelli Mazzucchelli di Besnate esporta circa il 95% della sua produzione in tutto il mondo “tranne l’Asia, lì ci sono i nostri concorrenti cinesi” Australia compresa. E dalla sua fondazione, sessanti’anni fa, ha avuto questa vocazione all’internazionalizzazione.
C’è una ragione importante, quasi fondamentale, spiega Massimo: “si incassa prima, e con sicurezza”. Altro che i pagamenti italiani, quasi da strappare ai clienti. In molti casi i soldi sono già in cassa prima che il cliente abbia visto la merce.
E molto del lavoro di promozione è svolto on-line: “ho contattato Cristina Mariani  (una nostra “vecchia” amicizia ndr) dopo aver letto il suo libro Marketing Low Cost e grazie a lei ho impostato il nostro sito in modo che sia non solo facile da trovare ma costruito a misura di cliente. E questo ci ha portato molta notorietà. E giro d’affari”.
Nel suo blog Generazione Pro Pro sulle pagine on-line del CorSera, Cristina parla proprio di Massimo e della sua capacità di vendere all’estero con orgoglio e successo.
La strada dell’export è quella che può far invertire la rotta, riportandola decisamente verso mari ricchi di vento e pesca.







“Il mercato è ormai globale, impossibile rimanere locali quando si è stretti tra fornitori e clienti che operano a livello internazionale”.
Biagio Savaré, imprenditore, titolare di Savarè Industrie Chimiche, una azienda fondata nel 1924 che opera internazionalmente nel campo dei prodotti adesivi per svariati settori industriali, spiega così la ragione forte della scelta che nel 2006 lo ha spinto ad aprire un centro produttivo a Columbus, nell’Ohio, nel centro del MidWest statunitense, per poter servire il Nord e il Centro America, dove svariati clienti erano presenti con insediamenti industriali.
Per poter pianificare l’approdo in un altro paese è bene sedersi prima a tavolino a considerare due fattori fondamentali:
1.   la necessità di descrivere un chiaro business plan con obiettivi concreti e misurabili
2.   la necessità di modificare, cambiare, potenziare la struttura nella casa madre.
Un elemento che non si considera e che invece non va affatto trascurato, infatti non è possibile sostenere la crescita all’estero, come nel nostro caso con uno stabilimento di oltre 25 persone, senza avere ripercussioni sulla struttura della sede. E’ necessario prendere in esame un incremento della forza manageriale oltre che di supporti base. E delle conseguenze che questo comporta”.
A che cosa sta pensando?
“Che l’aumento della struttura di sede comporta un aumento dei costi: quindi nei primi mesi, fino al raggiungimento del Pay Back Time, c’è da aspettarsi una riduzione dei margini anche sul bilancio della sede. Il che va incluso nel business plan appunto”.
C’è un altro errore da evitare secondo Biagio Savaré:
non credo che finisca per essere un successo la scelta di aziende che de localizzano la produzione per poi riportare a casa il prodotto finito da vendere. Se si apre un nuovo impianto all’estero, specie in un altro continente, deve essere soprattutto per servire quel mercato. La forza trainante per l’export deve essere il mercato, la conquista di nuove aree e quote, non la riduzione dei costi.
Un’altra fondamentale ragione, secondo il titolare della Savaré Industrie Chimiche, per progettare una avventura al di fuori dei propri sta nella diversificazione del rischio su più mercati e valute così da possedere un ammortizzatore o un moltiplicatore interessante a seconda dei diversi momenti di crescita e crisi dei continenti.
Adesso stiamo considerando una nuova apertura in Asia per il 2014. Probabilmente Singapore. Dopo aver guardato ad Ovest ora è il momento di dedicarsi all’Oriente”.

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