Esportare cucina e cuochi invece di acciaio e industria
pesante?
È quello che suggerisce Dario Di Vico in un articolo a pagina 20 delCorSera (domenica 27 ottobre 2013) e che trovate cliccando qui).
È quello che suggerisce Dario Di Vico in un articolo a pagina 20 delCorSera (domenica 27 ottobre 2013) e che trovate cliccando qui).
Interessantissima proposta che incontra la nostra genialità
e una delle eccellenze del paese.
Sì, ma come?
Evitando le buche più dure, quelle che ho incontrato spesso
quando sono stato avvicinato da cuochi e produttori di agroalimentare.
Vale a dire credere che il mondo sia pronto
per la nostra cucina
per i nostri cibi
per i nostri gusti
Pensare di esportare cialde di caffè espresso in Germania o
olio extravergine in Scandinavia non è coraggio e intraprendenza: è temeraria
ignoranza.
Pensare che si possa aprire uno street food di panino con la
milza con un brand in dialetto siciliano stretto significa non capire nulla di
mercati prima ancora che di export.
Pensare di creare una scuola per chef che fanno cucina
italiana solo perché si ha esperienza e si è delusi della cucina italiana
all’estero è una idea affascinante ma che rischia il fallimento se non
adeguatamente sostenuta.
Esportare cucina e alimentari a mio parere impone questi
fattori irrinunciabili
Comprendere la cultura alimentare
dei paesi esteri
Formare la loro cultura e gusto a
ciò che vogliamo proporre
Adeguare ai gusti ciò che
proponiamo per portare lentamente ad una maturità di gusto
Lavorare molto sul brand e sulla
storia per potersi far conoscere
Altrimenti si rischia il flop o di fare la fine un fornitore
cinese di massa.
Le storie di Grom, Eataly, Branca per citarne alcune
dimostrano che non basta avere un buon prodotto, quello è un prerequisito: ci
vuole una buona idea per poter avere successo nell’export anche in questo
settore. Non dimentichiamo che il 90% degli stranieri che arriva in Italia
mangia spghetti al ragù (alla bolognese), penne panna piselli e prosciutto e
lasagne e storce il naso davanti alla pasta con le sarde o i ravioli di zucca.
Come posso andare a vendere la coda alla vaccinara o la cassoeula in un mondo
così?
E voi cosa ne pensate?
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