Incontro alcune persone tornate dagli Usa in Italia per il
Natale. E per incontrare clienti interessati a lanciarsi nel mercato americano.
Chiedo come hanno trovato l’Italia. E che impressione si sono fatte di queste
aziende.
Mi dicono cose non molto lontane da quelle che mi raccontò
tempo fa un amico che svolge il medesimo servizio per il centro Europa e che ho
raccontato qui.
C’è voglia di esportare, c’è forse paura ma anche coraggio,
manca completamente la visione.
Insomma gli imprenditori italiani vogliono fare affari senza
investire, specie senza investire nel marketing e nella promozione.
“Sono convinti”, mi dicono tutti, “che basta avere un
prodotto di qualità –concetto che però non sanno quantificare- per avere
successo ovunque. Non è vero. Ci sono milioni di prodotti di qualità. Investi
per far capire come ti differenzi dagli altri e come ci si può fidare di te.
Vendi una idea prima ancora di vendere un prodotto”.
Parlano del mercato newyorkese, chiariscono che un buon
progetto deve mettere in conto un investimento di almeno 20.000 $, altrimenti è
del tutto inutile.
Citano come esempi di grandi successi italiani in america
Eataly, Grom e Cruciani.
Aziende che hanno venduto un concetto prima ancora di un
prodotto, e che riescono ora a commercializzarlo a prezzi ingiustificabili se
si guarda al solo valore del prodotto.
Dicevo
poco tempo fa che la rete funziona e che ormai ricevo contatti ogni giorno
da imprenditori che vogliono vendere all’estero, anche svolgendo un ruolo da
rivenditori: comprare da piccoli produttori locali e rivendere con il proprio
marchio.
L’idea è ottima. Il punto chiave è innanzitutto lavorare sulbrand, sulla reputazione: scegliere un valore, un messaggio e spingere per
farlo conoscere e approvare. Senza questo non si va da nessuna parte.
Se posso essere utile, sono qui per dare una mano. E per imparare
da chi ha avuto successo e voglia condividerlo con noi.
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