Leggo con attenzione il numero di gennaio di Food (bella
rivista, anche on line) e sulla scia
dell’entusiasmo riprendo in mano le due riviste precedenti.
La parola Export compare almeno 50 volte nei tre numeri, ed
è sempre associata a ripresa, salvezza, volo, successo. Lo conferma la
sezione dedicata a questo tema
del portale.
Però… c’è un però che va preso in esame.
Primo in tutti gli articoli si fa riferimento alla necessità
di una strategia: non si può andare all’estero senza avere le idee chiare.
Poi si afferma in modo chiarissimo che è necessario inserire
nelle attività di export un budget per l’analisi del mercato locale e per una
adeguata promozione locale:
“siate pronti a
investire in piani specifici per il trade e i consumatori” della specifica
nazione.
Non basta: spesso viene suggerito di avere un ufficio
locale, anche solo una one man band, che garantisca una presenza sul posto.
Siete pronti?
Senza uno studio adeguato non si va da nessuna parte.
Tanto meno in queste 10 nazioni che la rivista Food
indentifica come mete target per quest’anno:
1. Cina:
nessuna novità, ma va fatto con intelligenza anche via e-commerce
2. Stati
Uniti: per me sempre numero uno, specie per prodotti italiani
3. Filippine:
cresce la disponibilità economica
4. Colombia:
attenzione alla logistica
5. Messico:
la M di MINT (scomparse però Nigeria e Turchia) guardando agli USA
6. Indonesia:
la I di MINT grandi opportunità, lungaggini burocratiche
7. Arabia
Saudita: il lusso la fa da padrone
8. India:
sempre di moda
9. Perù:
cresce il retail e cresce la ricchezza
10. Polonia:
l’economia che cresce a tasso più alto in Europa, standard di vita alto
Quello che conta è il posizionamento e una attenta analisi
di come proporre i propri prodotti.
Volete una mano?
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