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giovedì 31 marzo 2016

Da Toronto verso il Nord America: il lancio per il food made in Italy




We Export nasce con l’idea di supportare le PMI italiane del food&beverage nei progetti di sviluppo internazionale che propone un team professionale per lo sviluppo commerciale dei prodotti italiani grazie ad un lavoro quotidiano sul territorio.
Fabiano Fruccio ne è il direttore sviluppo internazionale, mentre marina Panico ricopre il ruolo di direttore marketing e comunicazione.
A inizio 2016 è stata lanciata una rete vendita per il Nord America con sede a Toronto.
Ci piace dire che il nostro è un supporto a difesa e diffusione del vero Made in Italy. Infatti curiamo lo sviluppo internazionale per diverse realtà di eccellenza” inizia a raccontare Fruccio, “Il direttore della sede Nord Americana ha un’esperienza più che trentennale con i prodotti italiani, è stato capo dei buyer di una delle più importanti catene in America e Direttore Commerciale per De Cecco”.



1               Come mai Toronto?
Toronto è una sede strategica, perché oltre ad essere il cuore finanziario ed economico del Canada è molto ben collegato a tutte le più importanti destinazioni in USA. Insomma in poco tempo con il nostro team siamo in grado di coprire tutto il Nord America.

2               Il Canada è terra interessante per il mondo del Made in Italy?
 In particolare per cosa? In realtà il nostro servizio sviluppa il mercato canadese e Stati Uniti. I dati sono chiari sia a consuntivo che previsionali. Il Nord America per il settore agroalimentare italiano continuerà nella sua crescita e rappresenterà il primo mercato in valore e volumi per i nostri prodotti. La crescita sarà registrata in tutte le categorie del food&beverage con un aumento annuo del 5.4 % sino al 2018. Parliamo di mercati che valgono miliardi di euro e che offrono opportunità enormi, ma allo stesso tempo l’azienda deve essere pronta a saper gestire queste sfide e queste opportunità.

3               La vostra esperienza principale, tra le tante, è nel food: quali sono le reali possibilità per una impresa italiana?
Come detto, le opportunità sono enormi, in Canada come negli Stati Uniti il consumatore  si è evoluto e ricerca sempre più spesso prodotti particolari e ad alto valore aggiunto, questo dettaglio  spinge il buyer, l’importatore, il distributore a ricercare prodotti autentici, sani, sicuri ed al giusto prezzo. Tradizione, innovazione e prezzo devono sempre camminare di pari passo se si vuole avere successo nel mercato americano. Porre attenzione al design dell’etichetta e del pack e dove possibile saper innovare l’esperienza di consumo del prodotto.

4               Quali sono gli errori che, nella vostra esperienza, un imprenditore non deve commettere nell’esportare?
Nella nostra esperienza possiamo dire che ci sono una serie di errori o per meglio dire approcci errati allo sviluppo internazionale. Il primo errore e anche molto diffuso è pensare di avere un prodotto unico e che il mercato non attenda altro che comprarlo.  Oggi la concorrenza soprattutto in termini di prodotti sostitutivi è ampia, per cui c’è bisogno di analizzare e comprendere in che modo sviluppare un piano commerciale che metta in risalto i punti di differenza/vantaggi del prodotto. Altro errore molto comune è la poca pazienza. Tanti imprenditori pensano che l’export sia come il Vaso di Pandora e pretendono risultati in pochissimo tempo. Se è vero che i mercati internazionali offrono numerose opportunità è anche vero che bisogna saperle creare costruendo solide relazioni commerciali che richiedono tempo.

5               Da dove si dovrebbe partire?
Alla base deve esserci un’analisi della propria realtà imprenditoriale per determinare in relazione alle capacità e potenzialità quali possono essere i mercati in target e quali saranno le risorse necessarie da investire. A volte anche una certificazione rappresenta una barriera all’entrata di un mercato.



6               Quali sono le destinazioni più importanti per il 2016?
 Se per destinazioni intendi mercati, senza alcun dubbio Nord America, Cina, Emirati Arabi Uniti e Medio Oriente in generale su tutte. Ma molto dipende anche dalla categoria merceologica di riferimento che fa cambiare le destinazioni in base alla richiesta dei mercati.

7               Qual è la strategia che consigliate e per la quale offrite il vostro servizio?
Come brevemente spiegato prima, alla base deve esserci un’analisi della propria realtà imprenditoriale, del prodotto/prodotti, dei dati a consuntivo e previsionali dei mercati, inevitabilmente si passa anche per uno studio della concorrenza. Tutti questi step sono alla base per costruire un piano commerciale che sia di supporto allo sviluppo internazionale. Questa è la base e solo il primo step del nostro lavoro, al quale affianchiamo un supporto operativo per lo sviluppo commerciale con la nostra rete vendita in Nord America e in Europa , ed un networking esteso per i mercati asiatici.



8 Tre consigli che volete lasciare a imprese che vogliono esportare . 

Investire ed affidare un progetto di sviluppo internazionale a professionisti skillati e di comprovata esperienza nel campo. Risorse che operano direttamente nel mercato d’interesse e che quotidianamente curano le relazioni commerciali con i clienti.

Essere presenti direttamente sul campo permette di raggiungere risultati più interessanti e in meno tempo.


In aggiunta e non meno importante l’ottima conoscenza dei prodotti italiani. Il nostro team, ad esempio, partecipa annualmente a diversi corsi di formazione in Italia sui diversi prodotti alimentari. La conoscenza è fondamentale per saper presentare e vendere bene il prodotto. Per concludere, avere pazienza. Da esperienza diretta, spesso può passare anche un anno dalla prima presentazione di un prodotto ad una catena di supermercati alla finalizzazione del primo ordine.

venerdì 11 marzo 2016

La lezione della Legnaia: ortofrutta toscana nel mondo






La Legnaia.  Una cooperativa agricola toscana nata nel 1903. Che cosa mai potrà insegnarci? Specie per l'export? 
Molto in realtà.
Intanto come si fa a resistere, crescendo, per oltre 100 anni proponendo prodotti apparentemente poveri come ortaggi e frutta. Poi come sia possibile andare a vendere all'estero e con classe. 
C'è sempre da imparare, e da chi ha questa storia alle spalle ancora di più.
Per questo ho chiesto a Carlo Pinferi, general manager, di rispondere ad alcune domande per aiutarci a capire la strategia che guida le loro scelte.

Una cooperativa che opera da oltre un secolo: quante trasformazioni avete gestito per durare così a lungo?
Non molte. La “Società Cooperativa Agricola di Legnaia” o più semplicemente “Legnaia” ha mantenuto inalterato lo spirito e le motivazioni per cui fu fondata 113 anni fa da un piccolo gruppo di agricoltori che coltivavano ortaggi nella zona di Legnaia. Lo scopo è sempre rimasto inalterato: “fare in modo che gli agricoltori riescano a trarre il giusto profitto dal proprio lavoro”; questo è lo spirito che anima ed ha animato da sempre la Cooperativa. Il cambiamento più grande è stato quello che ci ha portato ad espandere la base sociale fuori dal territorio del Comune di Firenze. Oggi abbiamo soci, non solo orticultori, in tutta Italia, che conferiscono i loro prodotti in Cooperativa..

Il mondo ortofrutta sembra essere uno dei più tradizionali, per certi versi "vecchio" eppure siete in crescita: qual è il vostro segreto?
Non ci sono segreti, e pur in un mondo certamente vecchio” come quello ortofrutticolo si possono fare politiche innovative. La Cooperativa ha da sempre fatto la politica del prodotto a kilometro zero, anche quando nessuno ne parlava, il che non significa soltanto prodotti che arrivano dal campo o dall’agricoltore limitrofo, ma controllare, gestire e certificare tutta la filiera produttiva. I nostri agricoltori hanno tutti un nome e seguono le nostre indicazioni nella coltivazione dei prodotti. Noi immettiamo sul mercato solo prodotti di cui conosciamo tutta la storia dal momento della semina al momento del raccolto. Il “consumatore consapevole” che frequenta i nostri punti vendita cerca questo. La certezza di acquistare e poi mangiare un prodotto per la cui qualità e salubrità noi garantiamo.

In che modo il marketing vi aiuta a promuovere i vostri prodotti? E i social media che ruolo hanno in tutto questo?
Noi facciamo marketing diretto attraverso un programma di fidelity card e attraverso la promozione istituzionale dell’immagine della nostra Cooperativa. Promuoviamo, non con politiche di prezzo, ma con politiche d’informazione, formazione e conoscenza, i prodotti dei nostri soci agricoltori, cercando di sempre rafforzare l’immagine della nostra organizzazione che da sempre significa “canale di contatto diretto con i produttori senza intermediazioni”. Utilizziamo solo parzialmente le potenzialità dei social media, questa è un’area su cui stiamo lavorando per migliorare la nostra presenza sia qualitativamente che quantitativamente, per sfruttare al meglio la grande potenzialità di questi mezzi.

Come è possibile esportare? che strategia vi ha guidato al successo?
La strategia è semplicissima, capire di quali prodotti i consumatori del mercato obiettivo hanno necessità, essere umili cercando di capire le diversità e le affinità tra culture, non pensare che basti avere il “prodotto” per avere di diritto uno spazio in un mercato e guardare al risultato nel medio termine.

Come si riesce a tenere insieme un gruppo di 600 imprenditori in settori differenti?
Questa è certamente la parte più complessa. L’unica ricetta possibile è quella di scontentare il meno possibile tutti oltre a concretizzare opportunità di vendita nuove.

Ci spiega che cosa è il progetto Tanzania?

Il progetto “Tanzania” è una delle tante iniziative sociali alla quale partecipiamo. Orse è la più visibile. In Tanzania insieme ad altre organizzazioni abbiamo
portato un progetto di sviluppo rurale, con il quale abbiamo prima costituito un gruppo di agricoltori locali, poi gli abbiamo insegnato come si produce oltre che per il proprio sostentamento anche per un piccolo commercio, poi abbiamo selezionato e sviluppato le tipologie colturali che più si adattavano al territorio Tanzaniano. Questo ha creato negli anni una micro economia locale che da sostentamento ad un villaggio e che negli ultimi anni ha anche permesso appunto di iniziare un commercio tra villaggi che sta portando nuove risorse e che aiuta ad autoalimentare questa esperienza che da quando è stata iniziata è sempre cresciuta. Stiamo adesso predisponendo un progetto di sviluppo rurale “2.0” da proporre anche sul nostro territorio.