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venerdì 11 marzo 2016

La lezione della Legnaia: ortofrutta toscana nel mondo






La Legnaia.  Una cooperativa agricola toscana nata nel 1903. Che cosa mai potrà insegnarci? Specie per l'export? 
Molto in realtà.
Intanto come si fa a resistere, crescendo, per oltre 100 anni proponendo prodotti apparentemente poveri come ortaggi e frutta. Poi come sia possibile andare a vendere all'estero e con classe. 
C'è sempre da imparare, e da chi ha questa storia alle spalle ancora di più.
Per questo ho chiesto a Carlo Pinferi, general manager, di rispondere ad alcune domande per aiutarci a capire la strategia che guida le loro scelte.

Una cooperativa che opera da oltre un secolo: quante trasformazioni avete gestito per durare così a lungo?
Non molte. La “Società Cooperativa Agricola di Legnaia” o più semplicemente “Legnaia” ha mantenuto inalterato lo spirito e le motivazioni per cui fu fondata 113 anni fa da un piccolo gruppo di agricoltori che coltivavano ortaggi nella zona di Legnaia. Lo scopo è sempre rimasto inalterato: “fare in modo che gli agricoltori riescano a trarre il giusto profitto dal proprio lavoro”; questo è lo spirito che anima ed ha animato da sempre la Cooperativa. Il cambiamento più grande è stato quello che ci ha portato ad espandere la base sociale fuori dal territorio del Comune di Firenze. Oggi abbiamo soci, non solo orticultori, in tutta Italia, che conferiscono i loro prodotti in Cooperativa..

Il mondo ortofrutta sembra essere uno dei più tradizionali, per certi versi "vecchio" eppure siete in crescita: qual è il vostro segreto?
Non ci sono segreti, e pur in un mondo certamente vecchio” come quello ortofrutticolo si possono fare politiche innovative. La Cooperativa ha da sempre fatto la politica del prodotto a kilometro zero, anche quando nessuno ne parlava, il che non significa soltanto prodotti che arrivano dal campo o dall’agricoltore limitrofo, ma controllare, gestire e certificare tutta la filiera produttiva. I nostri agricoltori hanno tutti un nome e seguono le nostre indicazioni nella coltivazione dei prodotti. Noi immettiamo sul mercato solo prodotti di cui conosciamo tutta la storia dal momento della semina al momento del raccolto. Il “consumatore consapevole” che frequenta i nostri punti vendita cerca questo. La certezza di acquistare e poi mangiare un prodotto per la cui qualità e salubrità noi garantiamo.

In che modo il marketing vi aiuta a promuovere i vostri prodotti? E i social media che ruolo hanno in tutto questo?
Noi facciamo marketing diretto attraverso un programma di fidelity card e attraverso la promozione istituzionale dell’immagine della nostra Cooperativa. Promuoviamo, non con politiche di prezzo, ma con politiche d’informazione, formazione e conoscenza, i prodotti dei nostri soci agricoltori, cercando di sempre rafforzare l’immagine della nostra organizzazione che da sempre significa “canale di contatto diretto con i produttori senza intermediazioni”. Utilizziamo solo parzialmente le potenzialità dei social media, questa è un’area su cui stiamo lavorando per migliorare la nostra presenza sia qualitativamente che quantitativamente, per sfruttare al meglio la grande potenzialità di questi mezzi.

Come è possibile esportare? che strategia vi ha guidato al successo?
La strategia è semplicissima, capire di quali prodotti i consumatori del mercato obiettivo hanno necessità, essere umili cercando di capire le diversità e le affinità tra culture, non pensare che basti avere il “prodotto” per avere di diritto uno spazio in un mercato e guardare al risultato nel medio termine.

Come si riesce a tenere insieme un gruppo di 600 imprenditori in settori differenti?
Questa è certamente la parte più complessa. L’unica ricetta possibile è quella di scontentare il meno possibile tutti oltre a concretizzare opportunità di vendita nuove.

Ci spiega che cosa è il progetto Tanzania?

Il progetto “Tanzania” è una delle tante iniziative sociali alla quale partecipiamo. Orse è la più visibile. In Tanzania insieme ad altre organizzazioni abbiamo
portato un progetto di sviluppo rurale, con il quale abbiamo prima costituito un gruppo di agricoltori locali, poi gli abbiamo insegnato come si produce oltre che per il proprio sostentamento anche per un piccolo commercio, poi abbiamo selezionato e sviluppato le tipologie colturali che più si adattavano al territorio Tanzaniano. Questo ha creato negli anni una micro economia locale che da sostentamento ad un villaggio e che negli ultimi anni ha anche permesso appunto di iniziare un commercio tra villaggi che sta portando nuove risorse e che aiuta ad autoalimentare questa esperienza che da quando è stata iniziata è sempre cresciuta. Stiamo adesso predisponendo un progetto di sviluppo rurale “2.0” da proporre anche sul nostro territorio.

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