In tutti
questi mesi ho sostenuto, corroborato dai dati pubblicati da enti affidabili,
che per le azione italiane, specie le PMI, l’export costituisse la principale
via di fuga dalla crisi.
Domenica 17
giugno Dario di Vico,
giornalista che apprezzo e stimo moltissimo, molto attento alle PMI e la cui
rubrica La nuvola del lavoro, dove scrivono anche autori del calibro di Ivana Pais e Cristina Mariani, presenta sul CorSera
i dati più recenti dell’andamento delle vendite all’estero e ne risulta una
sorta di disfatta: crescita tendenziale dell’1,4% contro dati a due cifre
dell’anno precedente e 56 distretti su 143 addirittura in negativo.
E allora?
Allora è importante considerare le riflessioni che Di Vico propone e che i suoi
lettori rilanciano. Alle quali aggiungiamo le nostre.
1) il
calo sostanziale è nell’area Europa: ma va? Non credo questo debba stupirci:
Spagna, Grecia, Portogallo e Turchia hanno comperato molto meno. Anche la
Germania rallenta. Ce lo dovevamo aspettare.
2) Crescono
le vendite nei paesi extraeuropei, come ad esempio il Brasile: ma va? Anche
questo era un dato da attendersi
3) Rallentiamo
in Cina e India: ma va? Anche questo dato era in qualche modo atteso ed è
comprensibile. La qualità del made in Italy ha bisogno di mercati che lo
apprezzino. Non a caso abbiamo spesso parlato in questo blog di Canada, USA,
Sud America.
4) Una
ragione, scrivere Di Vico, del calo è la mancata promozione commerciale
all’estero.
Fermiamoci
un attimo a parlare di questo: Di Vico insiste sull’autogol dell’ICE, chiuso e
riaperto. Dissento fortemente. Per queste ragioni
a) non
mi risulta sia stato di fatto mai chiuso in senso pratico
b) sicuri
che sia questo mezzo insuperabile per promuovere le aziende all’estero? Le mie
esperienze dirette e quelle raccolte da molte aziende dicono in contrario.
Certamente c’è differenza da sede a sede, ma la maggiori parte dei commenti
dice che
a. è
un carrozzone in stile ministeriale: grandi spese, grandi lustri, poca sostanza
b. utilissimo
a livello istituzionale, ha poco contatto con il territorio
c. snobba
le PMI a favore delle grandi imprese
d. per
“statuto” non può offrire consulenze spicce e mirate
e. lavora
più per missioni che per follow up: esattamente quello che servirebbe alle
aziende italiane che spesso sono sprovvedute nell’approccio con l’estero.
c) Sembriamo
dimenticarci del grande apporto fornito alle PMI dalle Camere di Commercio
italiane all’estero, vero motore di sviluppo locale.
d) Trascuriamo
un altro tema che i lettori dell’articolo evidenziano bene: la scarsa
competenza della classe dirigente italiana nel comprendere i mercati esteri e
il modo di approcciarli.
Chissà se
Dario Di Vico ci risponderà dandoci il suo punto di vista… conto sul vostro
parere per capire come volgere al positivo questa notizia e come mettere a
frutto la strategia migliore di approccio all’estero.
Posso segnalarti il sito della mia agenzia che si occupa esclusivamente di seguire investitori italiani in due mercati specifici quali Rep. Ceca e Slovacchia ? Ti scrivo l'indirizzo : www.estconsulting.cz
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Condivido il tuo pensiero : se le PMI non capiscono che l'export è attualmente la loro unica opportunità di crescita, la vedo molto ma molto dura per le imprese italiane. Certo capisco tutte le problematiche associate, anche da un punto di vista squisitamente umano, ma è una necessità vitale. Ti seguo. Ciao !
Interessante Ersilio, e se tu mi scrivessi un post sulla vostra attività e sul mercato di Cechia e Slovacchia? Sarebbe interessante per i nostri lettori. Che ne dici?
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