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lunedì 22 luglio 2013

Esportare in India: i consigli per avere successo



Eva Moncada, laurea triennale in Scienze Politiche e laurea specialistica in Relazioni Internazionali presso la Luiss Guido Carli di Roma, da tre anni è consulente free lance in India. Ha raccontato la propria esperienza nel libro di Stefano Martello e Sergio Zicari Fare Business in India – una guida per la Piccola e Media Impresa (FrancoAngeli, Milano, 2013).

Quali sono i prodotti/beni italiani più richiesti in India?

I prodotti italiani più richiesti in India sono macchinari (in generale), prodotti chimici e fitosanitari, prodotti elettronici, farmaceutici, mezzi di trasporto.
Per quanto riguarda l’agroalimentare, l’India è il secondo produttore al mondo di grano, canna da zucchero, frutta e vegetali. Primo al mondo per la produzione di latte e di tè. Primo al mondo per popolazione bovina/bufalina, con circa 300 milioni di animali.
Quindi l’Italia non può competere con questo Paese sulle grandi commodities. Il nostro Paese deve puntare sulla crescente richiesta di prodotti di qualità per una fascia di nicchia del mercato indiano quali formaggi, vino, pasta, olio d’oliva. Bisogna tenere conto, infatti, che i consumi tendono sempre più a globalizzarsi e cresce sempre più il numero di persone che viaggiano spesso, diversificano le proprie abitudini alimentari, mangiano sempre più spesso fuori, conoscono e cominciano a chiedere i nostri prodotti.

Perché questi sono particolarmente interessanti?

Perché in un Paese in continua crescita ed espansione, macchinari, prodotti chimici, elettronici e mezzi di trasporto si rivelano quanto mai indispensabili e, soprattutto, perchè la produzione nazionale non riesce a soddisfare il fabbisogno.
Per quanto riguarda i prodotti alimentari in generale, specialmente quelli che, in termini di qualità e prezzo, raggiungono solo una fascia di nicchia del mercato indiano, gli stessi sono sempre più richiesti alla luce dei cambiamenti delle abitudini alimentari della classe medio alta che - per quanto limitata in percentuale, ma considerando la scala di grandezza di tale Paese - sta crescendo in maniera esponenziale.

Come giudica il mercato Indiano il made in Italy?

Il made in Italy è da sempre stato percepito come rappresentazione di alta qualità.
Ma l’apertura ai mercati di tutto il mondo, la globalizzazione hanno un po’ cambiato questa percezione.
Da quando sono arrivata in India l’idea della qualità italiana è cambiata sensibilmente. A differenza di qualche anno fa oggi il businessman indiano non si da più dell’Italia a occhi chiusi. Vuole vedere la qualità, toccarla con mano. Le master class che ho organizzato con i cuochi italiani, ma anche gli eventi promozionali per il vino italiano, hanno reso evidente che noi italiani non siamo più “out of question”; è diventato indispensabile anche per noi affrontare la competizione con la sostanza e non con l’evocazione. Occorrono umiltà e scelte di marketing molto mirate, ma non tutte le aziende italiane lo hanno capito.

Che cosa ci si aspetta in termini di qualità?

Il mercato indiano si aspetta, prima di ogni altra cosa, autenticità dei prodotti. E’ questa caratteristica che determina la qualità. Diventa essenziale, pertanto, conoscere l’azienda, il processo di ottenimento del prodotto e le caratteristiche peculiari dello stesso.


Quanto conta la reputazione per poter avere successo?

La reputazione è molto importante per avere successo. Se il prodotto italiano che si vuole commercializzare in India ha un marchio molto conosciuto e già presente in altri mercati internazionali, questo rappresenta un buon punto d’inizio inizio per assicurarsi l’ingresso in India.
Ma come ho detto precedentemente, la reputazione da sola non basta.

Visto con gli stereotipi occidentali, il continente indiano è soprattutto povertà: che cosa è in realtà l'India?

L’India è un Paese con più di 1 miliardo e 200 milioni di persone, dove il progresso sta facendo passi da gigante. La povertà è presente ed è visibile ma non bisogna soffermarsi su questo aspetto per giudicare un Paese. La massa dei non abbienti, in India, è impressionante, ma questo è anche un Paese dove chiunque con 60 rupie (meno di 80 centesimi di Euro) può procurarsi un pasto. In altri Paesi del mondo la povertà è una condanna che pesa molto di più; questo si deve – e qui lancio una provocazione – anche al sistema delle caste (formalmente abolite ma tuttora esistente) che, in un certo qual modo, rende più accettabili gli squilibri indotti dalla diseguaglianza sociale.
L’India è la più grande democrazia del mondo con una classe media composta da qualche decina di milioni di persone (in continua crescita), con una nutrita schiera di laureati.
E’ un Paese all’avanguardia in molti settori produttivi, come quello dell’High tech e il costo della manodopera specialistica rimane (ancora) molto competitivo.
Senza contare la grande attenzione alla dimensione imprenditoriale, sia che si tratti di grandi imprese sia che si tratti di piccole medie imprese.

Come fare a lanciare un nuovo prodotto, quali sono gli step da seguire?

Se un’azienda decide di lanciare il proprio prodotto in India, deve tener conto del fatto che occorre pianificare una strategia di marketing molto dettagliata.
E’ importante capire dove posizionare il prodotto e qual è l’obiettivo di breve periodo e quello di lungo periodo.
Bisogna capire che è essenziale far conoscere il prodotto su larga scala, con la partecipazione a fiere o eventi di settore che ricoprono un ruolo fondamentale nelle dinamiche di promozione.
A seconda della tipologia prodotto che si vuole commercializzare in India, un’altra idea che riscuote successo è quella di organizzare eventi di promozione del proprio prodotto stabilendo a priori il target degli eventi stessi.
Una volta in possesso di alcuni feedback da parte del consumatore indiano, diventa più semplice stabilire le linee guida per l’ingresso del prodotto in India: la ricerca di un distributore a livello nazionale, la ricerca di un partner per aprire una succursale in India, la vendita di nicchia (ristoranti, catene alberghiere in casi di prodotti agroalimentari di alta qualità).
Quello che spaventa/preoccupa maggiormente l’imprenditore italiano è il fatto che i tempi indiani siano, a volte, troppo lunghi se paragonati ad altri Paesi.
Probabilmente è vero ma in India bisogna abituarsi ed adeguarsi al fatto che con l’impazienza non si conclude molto.
La mia idea di svolgere una funzione consulenziale di raccordo tra l’azienda italiana ed il mercato indiano nasce proprio dalla constatazione che in tutti questi step l’imprenditore italiano non può sempre essere presente in India e, d’altra parte, è importante il confronto con il businessman indiano. Ha, quindi, bisogno di qualcuno che possa rappresentarlo e mantenere vivo l’interesse della controparte.

Investimento minimo per iniziare a vendere in India: può darci una idea?

Non riuscirei a dare indicazioni in merito. Dipende sicuramente da molti fattori. Quello che mi sento di dire è che oltre al prodotto, l’azienda deve possedere un’adeguata capacità di investimento in infrastrutture ed in logistica ed adeguati mezzi finanziari.


Che errori non commettere?

Sottovalutare le potenzialità di questo Paese, subendo l’influsso dei più tipici stereotipi. Sottovalutare l’importanza di un’adeguata – e non improvvisata - strategia di marketing e degli input locali. Fin dalla fase di pianificazione dell’intervento (che deve essere curata in maniera oserei dire maniacale, per evitare l’insorgenza di criticità che potrebbero ostacolare il proseguimento del processo), è necessario valutare l’investimento che si vuole intraprendere alla luce della prospettiva Indiana, leggendo e comprendendo i segnali che provengono da questo mercato.

Per esempio, un errore molto comune è quello di pensare che la partecipazione ad un evento fieristico, con il conseguente scambio di biglietti da visita, possa portare a qualcosa di concreto nell’immediato. Senza pensare che per il businessman indiano, il “faccia a faccia” rappresenta solo il primo passo di una conoscenza che verrà approfondita nel corso del tempo e che, solo se soddisfacente, porterà ad una valutazione rispetto alla migliore strategia di ingresso nel mercato. In poche parole, la creazione ed il consolidamento di una relazione fondata sulla fiducia reciproca che sicuramente esige un maggiore tempo ma che, altrettanto sicuramente, sarà più salda e meno soggetta alle tante variabili che permeano una relazione d'affari.

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