Uno dei più interessanti gruppi che seguo su Linkedin, Italians
doing business in Brazil, per la grande partecipazione e per la qualità
degli interventi.
In
una recente discussione conseguente ad un mio
post su olio d’oliva e Eataly a New York sono stati affrontati temi
interessanti che vorrei condividere.
Come dicevo il lancio è stato il mio post nel quale
sostenevo che senza una adeguata promozione non si fa strada. Il perché lo
trovare rileggendo quell’articolo.
Le risposte non si sono fatte attendere rivelando una
ricchezza generosa e suggerendo grandi stimoli.
Inizia Fabio Moro che
calando la mia provocazione nel paese sudamericano scrive “In Brasile non è facile vendere olio
specialmente se premium. Ostacoli: dazi alti e consumatori non ancora sufficientemente
preparati ad apprezzare oli di qualità (seppur in miglioramento) L'impresa
italiana di conseguenza deve essere disposta a spendere molto di più rispetto
ai mercati europei in azioni di marketing e valorizzazione del prodotto”.
Quindi, ci dice, attenti al fatto che tutto il mondo NON è
paese: vuoi vendere? Fai cultura e crea brand.
Gianluca Iorio si inserisce e ribadisce “Come diceva Fabio in Braisle non é un
problema di brand (che per il prodotto italiano é pressoché inesistente) e
tantomeno di qualitá spicciola quanto (purtroppo) di prezzo. Il brasiliano
medio (ossia circa 170 milioni di consumatori) quasi non utilizza olio
extravergine riservato appena per condire l´insalata e le marche portoghesi
(per evidenti ragioni) la fanno da padrone. Ultimamente si stanno facendo
avanti prodotti di buona qualitá di provenienza cilena mentre la produzione
italiana é spesso confinata ai distributori come Colavita o Cremonini senza
quindi prodotti di qualitá disponibili per il consumatore brasiliano.”
E Fabio integra chiarendo che
1) Sono presenti altri
oli "popolari" come Bertolli, Olitalia, De Cecco, Berio, etc...
2) E' anche vero che la popolazione brasiliana è di 200 milioni di abitanti, quindi ce ne sono 30 di milioni che hanno potere d'acquisto pari a quello europeo. Mercato numericamente importante.
3) Gli oli summenzionati "popolari" - comprati da quei 30 milioni - si trovano negli scaffali di alcuni supermercati di livello medio-alto, molto noti in Brasile
4) Una parte della fetta dei 30 milioni sarebbe disposta a spendere anche caro ma non c'è ancora la cultura giusta dell'olio - Il portafoglio è ok ma la testa non ancora pronta... è questione di tempo...
5) Opinione personale: indirizzare gli oli premium in enogastronomie top o forse negli stessi supermercati ma dedicando risorse a spiegare al singolo consumatore il differenziale di qualità (eventi ad hoc? personale preparato specificamente sul prodotto?)
2) E' anche vero che la popolazione brasiliana è di 200 milioni di abitanti, quindi ce ne sono 30 di milioni che hanno potere d'acquisto pari a quello europeo. Mercato numericamente importante.
3) Gli oli summenzionati "popolari" - comprati da quei 30 milioni - si trovano negli scaffali di alcuni supermercati di livello medio-alto, molto noti in Brasile
4) Una parte della fetta dei 30 milioni sarebbe disposta a spendere anche caro ma non c'è ancora la cultura giusta dell'olio - Il portafoglio è ok ma la testa non ancora pronta... è questione di tempo...
5) Opinione personale: indirizzare gli oli premium in enogastronomie top o forse negli stessi supermercati ma dedicando risorse a spiegare al singolo consumatore il differenziale di qualità (eventi ad hoc? personale preparato specificamente sul prodotto?)
Gianluca precisa
“Devo dire che a mio
parere la strategia di marketing seguita per esempio dalla cilena Olisur che
produce l´olio O-Live (che oltre ad essere di buona qualitá ha vinto vari premi
(tra i quali L´Orcuolo d´oro proprio in Italia) si è rivelata vincente almeno nel mercato di Rio de Janeiro
collocando il prodotto in una fascia sicuramente di qualitá ma che stizza
l´occhio al consumatore delle classi B BC e in taluni casi anche D (per quello
che vedo nella GDO). Secondo me il grande problema (oltre all´educazione al
corretto utilizzo) é anche che spesso il brasiliano confonde la bassa aciditá
come sinonimo di qualitá e in questo molti portoghesi o spagnoli hanno una
produzione apposita per il mercato brasiliano (penso a Gallo e Borges per
esempio)”.
Fabio aggiunge un altro punto decisivo:
“è una questione di
cultura?
Per l'idea personale che mi sono fatto in merito al food:
- Gli italiani comprano prevalentemente per la qualità reale (mi piace, è buono...)
- I brasiliani per la qualità percepita (è bello, è trendy, etc...)”
Per l'idea personale che mi sono fatto in merito al food:
- Gli italiani comprano prevalentemente per la qualità reale (mi piace, è buono...)
- I brasiliani per la qualità percepita (è bello, è trendy, etc...)”
a proposito del quale Andrea Frau aggiunge un elemento decisivo
Fabio ha parlato di
una cosa estremamente importante per operare con certi prodotti (non solo
alimentari) su questo mercato: il packaging.
Il prodotto si deve distinguere nel senso che il suo acquisto (indipendentemente dalla sua qualitá reale) rappresenti quasi uno status
Il prodotto si deve distinguere nel senso che il suo acquisto (indipendentemente dalla sua qualitá reale) rappresenti quasi uno status
Nel suggerirvi di andarvi a leggere tutta
la discussione, davvero stimolante, che mostra anche la qualità e la
professionalità di queste persone, cerchiamo di trarre “la morale”:
se pensate che per
esportare basti esporre il proprio prodotto ad un mercato straniero e vi
mettere alla ricerca di distributori avete probabilmente una elevatissima
probabilità di fallire. Per vendere all’estero è necessario partire da una
strategia solida, basata su analisi di mercato (ricordate
Ulisse e le sue potenzialità?) e su una potente azione di marketing e
promozione.
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