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sabato 29 agosto 2015

Cronaca di un fallimento annunciato: come non esportare.



Stiamo raccontando la storia di un fallimento previsto, una impresa che vuole esportare prodotti alimentari nell’Est europeo senza sapere nulla: qui trovi la prima parte.

Nella precedente puntata ci eravamo lasciati con questa domanda: un’idea dei costi di trasporto e dei dazi ve la siete fatta? O di quanti anelli della catena sono necessari? Come pensate di vendere direttamente ai ristoranti di Mosca, Budapest o Bucarest?
Mi ribattono: lei pensa che sia una cosa da fare o i concorrenti sono troppo agguerrito?
Di nuovo penso che mi abbiano preso per un “idiot savant”: so tutto su tutti i prodotti di tutti i mercati e sono così imbecille di raccontarlo gratis a chiunque lo chieda.
Ribadisco che ci vuole:
a)   analisi dei paesi: perché proprio questi tre?
b)   Piano di marketing: come posizionare il prodotto?
c)    Studio di fattibilità
d)   Contatti sul posto con qualcuno che conosca questi specifici mercati e i canali ai quali proporre il prodotto e il piano di sviluppo comune.
Non sembra che quello che scrivo sia ascoltato.
La nuova risposta è ancora più incalzante
Si concorda sul fatto che non si esportare in questi lontani paesi pensando di mantenere atteggiamento ed approccio all'italiana. Ma mi si chiede se per trovare agenti e distributori locali affidabili ed alle migliori condizioni sia necessario andare sin da subito sul posto oppure basta internet.
Non basta, si domanda se sia utile conoscere che tipo di indicazioni sia necessario apporre nelle lingue locali sulle confezioni dei prodotti e se, oltre ai dazi, le autorità locali richiedano certificazioni sanitarie e di qualità.
Mi stai dicendo che il lavoro te lo devo fare io?
Non hai nemmeno verificato se hai i requisiti necessari per l’export in quei paesi? E mi chiedi se in Russia, ad esempio, tu debba avere una etichetta in lingua locale? Secondo te va bene l’italiano? Come potresti essere credibile? Dimmi, solo sulla base di questo, secondo te il tuo vantaggio del 30% è ancora valido?
Spiego nuovamente che questi sono alcuni dei parametri dell’analisi da svolgere e nuovamente chiedo: ma perché fissarsi con Paesi così difficili anche per ragioni di lingua?
Pensi davvero che con un viaggio in loco tu possa trovare agenti e distributori? Dove li cerchi? Sulla Piazza Rossa? In quale lingua? Li vuoi cercare on-line? Di nuovo: in quale lingua? E con quale sicurezza?
Non ti conviene affidarti ad un esperto di quel mercato per i canali distributivi?
Non ti conviene fare prima una analisi precisa?
Nuova risposta: “al momento sto cercando di procurarmi campioni di prodotti concorrenti per farli poi analizzare dal chimico e capire tipologia e combinazioni preferite in Russia. Questo è il primo passo, per capire cosa andare ad offrire in un paese così complicato. Sto cercando di contattare distributori del posto, ma il solo google e la ricerca per parole chiavi non è sufficiente”.
Ma va? Se fosse così semplice come mai non ci sono stormi di produttori italiani a vendere in Russia?
E pensi che facendo l’analisi chimica risolvi tutto? Conosci i gusti locali? E poi cosa fai? Copi e poi? A maggior ragione per avere esattamente quello che comprano oggi, perché dovrebbero venire a comperarlo da te?
Ma questo giovane va capito, è l’imprenditore che non sembra avere le idee chiare, o anzi: sembra averle chiarissimi dato che l’intraprendete giovane aggiunge: “il titolare non vuole rimborsare eventuali spese ed afferma che la mia abilità la devo dimostrare ricercando soluzioni ‘for free’ tramite internet”.
Capito?
Andiamo all’estero, ma senza investire un solo euro.
Non è così che si fa.
In copia nell’ultimo messaggio c’è il consulente che io consiglio sempre per i mercati dell’Est, che ribatte in modo molto chiaro alla pretese del titolare furbetto:
La procedura per esportare il suo prodotto verso il mega mercato Russo è nota e consolidata, come sono anche noti i distributori sulla rete. L´approccio dell’analisi chimica non serve a nulla in generale nel business, in particolare in questo.  Non è la chimica che fa entrare il mercato ma il marketing e i distributori; sui mercati si affermano infatti i prodotti con il più alto budget di marketing. La qualità o il gusto non hanno alcun ruolo. I Russi si aspettano come noi Nordici di ricevere prodotto il più vicina possibile allo stile italiano, dato che ci proponiamo come azienda italiana. 
Comunque senza una analisi dei prezzi sui mercati (dipendenti dalle città) dei competitors sulle piazze per singola città o quartiere non è possibile entrare in nessun mercato. Figuriamoci quello russo così complesso. Un accesso “free” fatto da voi direttamente a distributori vi esporrebbe solo a diventare vittime di corruzioni e richieste di incentivi di varia natura. Inoltre, a meno che non siate inseriti in hub con credenziali affidabili, vi ritrovereste a lavorare solo coi piccoli grossisti low-cost che parlano solo in Russo. Non hanno mai imparato l´inglese o altre lingue. Noi lavoriamo solo coi grossi infatti, e sono i grossi che contattano i piccoli distributori usando la lingua locale.
Saltare il trader e cercare di arrivare ai rivenditori finali non porta a nulla: infatti senza certificazioni adesso anche in Russia tutto diventa più complicato e solo alza il prezzo da pagare in modo non necessariamente onesti”.
Quali le conclusioni?

Nella prossima puntata le troveremo insieme

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