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sabato 4 ottobre 2014

Export e artigianato: come battere la concorrenza dei paesi emergenti.



immagine di Cronache Maceratesi

Come facciamo a battere cinesi e rumeni se la loro qualità ormai è pari alla nostra? Se i loro costi sono sensibilmente inferiori anche in virtù di un sistema tributario molto meno opprimente? Come far ripartire il made in Italy che tutti ci invidiano e desiderano?

Ho incontrato la scorsa settimana a Civitanova un elevato numero di imprenditori ed artigiani grazie alla Confartigianato locale, alla quale va tutta la mia riconoscenza non solo per l’opportunità concessami ma anche per lo splendido lavoro svolto per le loro imprese.
Due sono stati i giorni dedicati a SosExport: nel primo una conferenza affollatissima, circa 50 imprese e 70 persone, che mi hanno ascoltato con pazienza –e devo dire con molta attenzione- per un paio d’ore nel tratteggiare le linee guida dell’export e nel comprendere la differenza tra vendere all’estero –avere alcuni clienti con partita Iva straniera- ed esportare, cioè avere una strategia per vendere oltre confine.
Dopo di ché la giornata dopo mi sono messo a disposizione per incontri personali di mezz’ora per dare qualche consiglio mirato a chi avrebbe dimostrato fiducia in me. Sono stato sopreso nel constatare che rispetto alle mie previsioni di 6-7 aziende, hanno richiesto un incontro 20 imprenditori che mi hanno impegnato dalle 9 di mattina alle 20.40 permettendomi uno spuntino alla milanese di 18 minuti! Una giornata vissuta con molta passione per imparare da loro e condividere le mie esperienze e venire a conoscenza di tante belle storie di questa Italia che non si arrende.
Vorrei mettervi al corrente di cosa ho appreso perché ci sono interessanti stimoli da mettere a frutto.
Oggi lancio la provocazione con la quale ho aperto, nelle prossime volte parlerò degli errori più comuni di cui abbiamo parlato e dei successi più significativi e brillanti, magari intervistando le imprese che mi hanno entusiasmato con la loro creatività.
Reduce dalla fiera della calzatura svoltasi in agosto a Milano una imprenditrice si sfoga dicendo che negli stand vicini al suo rumeni e cinesi presentavano prodotti ormai realizzati con tecnica e qualità paragonabile se non identica a quella dei maestri calzaturieri marchigiani e a prezzi sensibilmente inferiori. A testimoniare la qualità di questi prodotti affermava “io li avrei comperati”. Poi si chiedeva: “come facciamo a vendere noi con questa concorrenza?”.

Già.
Come facciamo?

Due solo le strade che vedo: o lanciarsi in un mercato di prodotti di lusso, di qualità superiore, senza paura, o lavorare molto sul proprio marchio per far sì che il confronto non sia più tra due scarpe uguali di costo diverso, ma tra un prodotto e un valore. Chi compera deve comperare un sogno, non una scarpa, deve avere l’orgoglio di scegliere una firma, non una calzatura. Se non si riesce a fare questo salto, saremo condannati alla sconfitta.
Ho visto molta passione e vorrei chiudere con una frase attribuita a san Francesco che può aiutare a capire come valorizzarsi:

chi lavora con le mani e la testa è un artigiano;
chi lavora con le mani, la testa e il cuore 

è un artista”.



Come facciamo a farci riconoscere per artisti senza raccontare le nostre storie?

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