immagine di Cronache Maceratesi
Come facciamo
a battere cinesi e rumeni se la loro qualità ormai è pari alla nostra? Se i
loro costi sono sensibilmente inferiori anche in virtù di un sistema tributario
molto meno opprimente? Come far ripartire il made in Italy che tutti ci
invidiano e desiderano?
Ho incontrato la scorsa settimana a Civitanova un elevato
numero di imprenditori ed artigiani grazie alla Confartigianato locale, alla
quale va tutta la mia riconoscenza non solo per l’opportunità concessami ma
anche per lo splendido lavoro svolto per le loro imprese.
Due sono stati i giorni dedicati a SosExport: nel primo una
conferenza affollatissima, circa
50 imprese e 70 persone, che mi hanno
ascoltato con pazienza –e devo dire con molta attenzione- per un paio d’ore
nel tratteggiare le linee guida dell’export e nel comprendere la differenza tra
vendere all’estero –avere alcuni clienti con partita Iva straniera- ed
esportare, cioè avere una strategia per vendere oltre confine.
Dopo di ché la giornata dopo mi sono messo a disposizione
per incontri personali di mezz’ora per dare qualche consiglio mirato a chi
avrebbe dimostrato fiducia in me. Sono stato sopreso nel constatare che
rispetto alle mie previsioni di 6-7 aziende, hanno richiesto un incontro 20
imprenditori che mi hanno impegnato dalle 9 di mattina alle 20.40 permettendomi
uno spuntino alla milanese di 18 minuti! Una giornata vissuta con molta
passione per imparare da loro e condividere le mie esperienze e venire a
conoscenza di tante belle storie di questa Italia che non si arrende.
Vorrei mettervi al corrente di cosa ho appreso perché ci
sono interessanti stimoli da mettere a frutto.
Oggi lancio la provocazione con la quale ho aperto, nelle
prossime volte parlerò degli errori più comuni di cui abbiamo parlato e dei
successi più significativi e brillanti, magari intervistando le imprese che mi
hanno entusiasmato con la loro creatività.
Reduce dalla fiera della calzatura svoltasi in agosto a
Milano una imprenditrice si sfoga dicendo che negli stand vicini al suo rumeni
e cinesi presentavano prodotti ormai realizzati con tecnica e qualità paragonabile
se non identica a quella dei maestri calzaturieri marchigiani e a prezzi sensibilmente
inferiori. A testimoniare la qualità di questi prodotti affermava “io li avrei
comperati”. Poi si chiedeva: “come facciamo a vendere noi con questa
concorrenza?”.
Già.
Come facciamo?
Due solo le strade che vedo: o lanciarsi in un mercato di prodotti
di lusso, di qualità superiore, senza paura, o lavorare molto sul proprio
marchio per far sì che il confronto non sia più tra due scarpe uguali di costo
diverso, ma tra un prodotto e un valore. Chi compera deve comperare un sogno,
non una scarpa, deve avere l’orgoglio di scegliere una firma, non una
calzatura. Se non si riesce a fare questo salto, saremo condannati alla
sconfitta.
Ho visto molta passione e vorrei chiudere con una frase
attribuita a san Francesco che può aiutare a capire come valorizzarsi:
“chi lavora con le mani e la testa è un artigiano;
chi lavora con le mani, la testa e il cuore
è un artista”.
Come facciamo a farci riconoscere per artisti senza
raccontare le nostre storie?
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