Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


lunedì 21 maggio 2012

Fare affari in Turchia

Ripubblichiamo qui oggi un post apparso sul blog di Panorama che abbiamo trovato decisamente interessante
Il testo originale si trova qui 
Ringraziando Panorama e l'autore del testo auguriamo a tutti buona lettura


di Zornitza Kratchmarova
Mamma, li turchi! Terrore puro? Al contrario, perché Ankara potrebbe essere il nuovo Eldorado per le imprese italiane. È quanto sostieneEmma Marcegaglia, presidente uscente di Confindustria che parla di «sbocco importante per la nostra industria». Le fa eco Massimo Vari, sottosegretario allo Sviluppo economico, e capo-missione di una tre giorni in Turchia con 360 partecipanti tra imprenditori (oltre 160), gruppi bancari e associazioni di ogni tipo svoltasi ai primi di maggio, nonché promotore del vertice bilaterale Roma-Ankara tenutosi in Italia l’8 maggio.
E riassume: «Il sistema finanziario del Paese è solido. L’ambiente politico è stabile. La posizione geografica è strategica». Come dire: in un momento di «vacche magre» come questo approfittarne è d’obbligo. E poco importa se il 2 maggio l’agenzia di rating Usa Standard & Poors ha abbassato il giudizio sul debito turco da «positivo» a «stabile» facendo infuriare il premier conservatore Recep Teyyip Erdogan, che non ha esitato a bollare la decisione come «assurda».
Anche perché gli indicatori economici di quella che in molti chiamano la «Cina islamica» per via dei tassi di crescita pressoché unici sono invidiabili, con un Prodotto interno lordo 2011 in progressione dell’8,5% e un Pil pro capite a quota 10.500 dollari (era fermo a 3 mila meno di 10 anni fa).
«Entro il 2023, anno del centenario della nascita della Repubblica turca, dovrebbe raddoppiare a 20 mila dollari l’anno, forse più» racconta aPanorama Economy Ferdinando Pastore, direttore dell’agenzia Ice di Istanbul. E snocciola altri dati difficili da riscontrare altrove: l’età mediadella popolazione è di 29 anni (contro i 43,5 registrati in Italia) e lacrescita demografica è a doppia cifra con 100 milioni di persone attese entro il 2050 (contro le 74 attuali).
Per Pastore puntare sul mercato interno conviene. Tramite l’export, ma anche attraverso insediamenti produttivi diretti che trasformino il Paese in una base di partenza per la conquista di altri mercati adiacenti e in espansione, quali l’Est Europa o il Medio Oriente.
«Quello che è certo è che il governo fa il possibile per attrarre gli investimenti esteri» interviene Massimo D’Aiuto, amministratore delegato di Simest, la finanziaria pubblico-privata che da anni affianca le aziende italiane che scommettono sull’estero e che nella sola Turchia ha messo a segno 33 partecipazioni in cinque anni per un totale di 600 milioni di euro investiti.
Mentre i finanziamenti a tassi agevolati concessi nello stesso periodo a 170 imprese per progetti relativi ad Ankara ammontano a 2,9 miliardi di euro. E precisa: «Finora a farsi largo sono state le aziende di taglia medio-grande attive perlopiù nell’automotive, nelle infrastrutture e nel manifatturiero. Ma il futuro prossimo è delle piccole e medie imprese».
Le condizioni per chi decide di insediarsi sul posto sono molto favorevoli. A cominciare da quelle delle 20 zone franche attive (vedere mappa sopra) e forti di vantaggi fiscali indiscutibili: assenza totale di tassazione sui redditi societari e personali; dazi azzeratiesenzione Iva al 100%; possibilità di rimpatrio totale dei capitali; possibilità di avere unasocietà controllata al 100% e altro ancora. Il tutto a tempo indeterminato.
O meglio: fino a quando la Turchia non entrerà nell’Unione europea e dunque dovrà abolirle per forza. Se mai vi entrerà. Perché al di là delle dichiarazioni di facciata, sono in molti a storcere il naso di fronte alla possibilità che un Paese musulmano grande quanto la Germania possa sedersi ai tavoli di Bruxelles.
«Zone franche o meno, le condizioni di lavoro in Turchia sono allettanti» riprende Pastore e fa il punto su quelli che sono gli stipendi medi annuidei lavoratori locali: 14.500 lire turche (pari a 6.170 euro) per ogni operaio; 21.500 lire turche (9.150 euro) per un impiegato; e 45.170 lire turche (19.220 euro) per un dirigente.
Come dire: un terzo circa di quanto percepiscono i loro pari grado in Italia. Parliamo di cifre nette in busta paga. Ma questo non può che fare allargare la forbice della convenienza, visto che la nostra pressione fiscale è tra le più alte al mondo. «L’unico neo è la bolletta energetica» precisa Pastore e cita un dato per tutti: la benzina si attesta a 4,5 lire turche al litro pari a 1,92 euro ossia in linea con i dati italiani.
Motivo: la lira turca è stata svalutata per favorire l’export e il peso dell’energia pagata in dollari è esploso. Che sia un’arma a doppio taglio, destinata a rinfocolare l’inflazione? Può darsi. Ma il ministro delle Finanze Mehmet Sismek rassicura e parla di «atterraggio morbido».


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