Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


sabato 9 novembre 2013

Basta pensare al prodotto: se vuoi esportare punta sulla reputazione



Basta pensare al prodotto!

Noi italiani siamo fissati. Ci riempiamo la bocca con parole come “qualità”, “gusto”, “eccellenza”. Certamente tutto questo nasce da un grande amore per ciò che facciamo.
Dobbiamo però capire una volta per tutte che di tutto questo non frega niente a nessuno!
Mi contattano persone che mi chiedono di aiutarli a vendere all’estero.

La cosa mi rallegra per due ragioni:

a)    abbiamo capito che dobbiamo per forza puntare su mercati al di là delle Alpi
b)   beh, lasciatemi gongolare un po’….. ;-)

Ma bisogna uscire dalla logica del prodotto. La prima domanda che faccio quando mi viene chiesto che cosa si deve fare per esportare è:

per quale ragione i clienti dei paesi che stai considerando dovrebbero comperare da te invece che da un fornitore locale che conoscono da anni?

E se le risposte sono solo di questo tipo

a)    perché la mia qualità è eccellente
b)    perché il prodotto è buono
c)     perché è certificato da enti famosi
d)    perché è italiano

vuol dire che siamo sulla cattiva strada.
Se poi, quando chiedo quale sia il budget che hanno previsto per la promozione e la costruzione della reputazione del brand, la risposta che ottengo è ZERO, allora

sconsiglio fortemente di avventurarsi in attività di export.

Il mondo è invaso di prodotti buoni, eccellenti. La qualità è una caratteristica senza definizione. Nel solo campo agroalimentare i prodotti simil-italiani sono infiniti. Come possiamo pensare di vendere un eccellente olio, un vino squisito, un miele raro, una salsa riconosciuta presidio slow food senza prima farsi conoscere come marchio?

Il problema non è avere un prodotto buono, il problema è farlo sapere a tutti.

Buono poi è un concetto troppo labile e diluito: che cosa è buono? Quello che piace a me.
Siamo sicuri che in America, in Brasile, in India, in Romania piaccia il miele, l’olio, il formaggio, il vino che piace a noi?
Come posso proporre un catalogo di 48 diversi tipi di pasta a paesi che quando vengono in Italia mangiano solo lasagne e pasta alla bolognese e non distinguono un maccherone da un bucatino?

Basta parlare di prodotto. Fino a quando non inizieremo a parlare di marketing, di brand, di reputazione saremo destinati a finire in coda alla scrivania degli acquisitori, a non essere presi in considerazione, a dover negoziare con sconti sempre più alti, ad accettare il conto vendita.


E questo non lo meritiamo.

2 commenti:

  1. Nella nostra epoca gioca un ruolo sempre più strategico la conoscenza dei mercati
    Il tema è unico e attuale: il bisogno di comunicare, di confrontarsi, di porre sullo stesso piano due culture diverse, di raggiungere alla fine non solo un risultato comune, ma un risultato nuovo, originale, in grado di generare in continuazione nuove proposte, in una parola, in grado di produrre Progresso.http://mariokruysse.blogspot.nl/search?updated-max=2012-05-11T01:49:00-07:00&max-results=7&start=28&by-date=false

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