Riccardo
Polesel è un professionista del web, anzi un libero non professionista come si
descrive grazie a questa fotografia che sta a caratterizzare il suo blog.
Ciò che lo
differenzia da tanti altri promotori della rete, me compreso, è che Riccardo
abita a Mirandola, terra piagata dal terremoto, e con le conseguenze del sisma
ha dovuto convivere e lottare. Proprio in quei giorni usciva il suo testo PMI
Promuoversi Mediante Internet, pubblicato da Franco
Angeli nella collana Impresa diretta rivolta alla PMI, su come la rete
possa essere realmente utile alle piccole e medie imprese per trovare un nuovo
facile canale di crescita. Realizzata come una lunga chiacchierata tra
imprenditore e consulente, è sicuramente un testo che toglierà molti dubbi e
scatenerà nuove idee ai tanti industriali italiani.
Riccardo
è davvero possibile per le PMI promuoversi
tramite internet?
Più che possibile. Ancora oggi vedo tante PMI
cercare il promuovere prodotti eccellenti, risultati rilevanti e progetti
innovativi con mezzi molto tradizionali: pagine pubblicitarie, brochure
cartacee ed eventi. Investono qui tutte le loro risorse mentre spesso il loro
sito Internet è abbandonato e obsoleto. Si tratta di un problema di cultura
aziendale: in Italia l’equazione “comunicazione uguale pubblicità” è ancora
dominante. La comunicazione online rimane un oggetto misterioso anche se ne
parlano tutti.
Che cosa può chiedere a/aspettarsi da Internet
una PMI?
Visibilità, relazioni e facilità di contatto con
il resto del mondo. Internet è un mezzo di comunicazione formidabile se
l’azienda dimostra di crederci davvero. Spesso i potenziali clienti chiedono
solo di saperne di più, di avere una risposta alle loro domande, di creare un
canale di contatto diretto. È l’azienda stessa a costruire un muro con
l’esterno, inconsciamente, solo perché diffida della Rete. Ripeto, non è una
questione tecnologica o di business ma solo di cultura aziendale.
Quali sono gli errori più comuni che una PMI
commette nell'avvicinarsi ad Internet?
Sono tanti ma quasi tutti riconducibili a un
unico errore di fondo: passare dal niente al tutto senza essere consapevoli
delle regole del gioco. Ci vuole pazienza, formazione, un progetto, obiettivi
definiti e, possibilmente, una mano da un vero esperto in materia, non “l’amico
del responsabile IT”. Spesso invece ci si butta a capofitto, pieni di speranze
e poveri di preparazione, sperando in risultati di brevissimo periodo. Che
ovviamente non arrivano.
Che cosa evitare assolutamente?
Quello che dico subito quando incontro un’azienda
è: Internet non è magico, non risolve tutti i problemi. Al di là di quello che
scrivono prestigiosi quotidiani e siti Internet, da solo non fa vendere un
singolo prodotto in più. Questo deve essere chiaro. Si tratta di uno strumento
di promozione potente che porta dei frutti solo se funziona il prodotto che si
promuove e soprattutto l’impresa che lo vende.
Che cosa invece fare assolutamente per avere
successo?
Non c’è una ricetta sempre valida. L’unico
segreto è crederci davvero: fare un progetto, porsi degli obiettivi misurabili
di medio/lungo periodo e assegnare delle risorse dedicate. Ho visto aziende
molto piccole ottenere risultati notevoli e aziende grandi non raggiungere i
propri obiettivi. La comunicazione online è uno strumento sufficientemente
meritocratico, a patto di avere la necessaria pazienza e mettere in preventivo
che anche il miglior progetto può fallire. James Dyson realizzò 5.127 prototipi
prima di costruire il primo aspirapolvere senza sacchetto al mondo. Sbagliando,
si impara.
Nel libro
illustri una strategia in 10 punti: ce ne puoi parlare?
L’obiettivo era
dare punti di riferimento comprensibili per un’azienda italiana, perché la
grande maggioranza delle fonti a disposizione prende ad esempio imprese
americane, molto diverse dalle nostre. Il tutto per dare un’idea dei passi da
fare, che devono essere condivisi all’interno dell’organizzazione Spesso questo
è un limite forte per una PMI, dove il quadro generale resta solo nella mente
dell’imprenditore. Invece la strategia e i passaggi da fare devono essere
chiari a tutti, dalla definizione della mission aziendale alla ricerca delle
informazioni che devono essere comunicate. Promuoversi su Internet richiede
tempo, risorse, esperienza e passione: solo una squadra che funziona può farlo.
Che investimento è ragionevole mettere a budget
(sia in termine di costi sia in termine di attesa) per vedere i frutti?
In termini di costi, non c’è un budget preciso:
diciamo che con l’investimento fatto per una pianificazione pubblicitaria
annuale su qualche rivista di settore, quello che tante PMI fanno da anni con
incerti risultati, si può mettere in piedi un buon progetto di promozione su
Internet. A livello di attesa, nella comunicazione c’è sempre bisogno di
pazienza: dai 9 ai 12 mesi, poi si valutano serenamente i risultati. Che devono
essere tangibili e misurabili.
In che modo i social media possono aiutare la
strategia internet delle PMI?
I social media sono utili ma non sono necessari.
Certe PMI ottengono buoni risultati online anche senza essere “social” a tutti
i costi. La cosa che tutte le imprese però devono fare è conoscere bene gli
strumenti, sapere come funzionano e quello che possono dare. Solo poi possono
decidere. Anche qui l’aiuto di un bravo consulente esterno può essere utile,
leggere un paio di articoli non è mai sufficiente. Un’idea? Utilizzare alcuni
dipendenti come esploratori per capire le dinamiche dei social media, con tempi
e modalità concordate. Per qualche azienda è un passo rivoluzionario.
Come scegliere il social media più adatto alla
propria azienda?
Il mondo “social” è in costante evoluzione ed è
un fenomeno ancora nuovo per le PMI italiane, specialmente a livello di analisi
dei risultati: avere più contatti non equivale ad avere più opportunità di
vendita. Conta sempre la qualità delle relazioni, non la quantità. Twitter è un
ottimo strumento per comunicare news aziendali, a patto di dare notizie
interessanti per chi legge e ascoltare davvero i follower. Che significa capire
lo strumento prima di usarlo.
La strategia PMInternet vale per ogni settore
merceologico o alcuni sono..."più internettabili" di altri?
Alcuni settori sono più portati alle “relazioni”
di altri, pensiamo al settore turistico, a quello food & beverage, a quello
tecnologico. Ma, ripeto, è tutta questione di cultura. Ci sono opportunità
enormi nel business to business che non vengono sfruttate perché le aziende
stesse ritengono di fare “prodotti brutti per essere comunicati su Internet”.
Perché vivono il sito Internet come una semplice vetrina e non come uno
strumento di business. Un errore che le aziende anglosassoni non fanno più da
anni.
Ci racconti qualche caso di successo?
Un caso
a cui sono legato è quello di Eco-Ricicli Veritas, impresa specializzata nella
raccolta e selezione dei rifiuti differenziati. Ritenevano di non aver bisogno
di un sito Internet perché i clienti li avevano già. Invece abbiamo creato un
portale d’informazione che spiegava la strada che fanno i rifiuti dalle case
dei cittadini agli stabilimenti che li riciclano, ossia quello che molti di noi
non conoscono. Abbiamo fatto vedere come siano risorse e non scarti, facendo
formazione con buoni risultati in termini di contatti e riscontri. Abbiamo reso
“belle” delle lattine ammaccate: una grande soddisfazione, no?