Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


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lunedì 13 febbraio 2012

La spedizione dei mille oltre confine








È  apparso qualche giorno fa sul CorSera, sia nella versione on-line che cartacea, questo interessante articolo di Dario De Vico sull’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane, che vanno all’estero, come già suggeriva Biagio Savaré nell’intervista rilasciata a questo blog, non per tagliare i costi e re-importare la merce in Italia, ma per seguire nuovi mercati. Si produce all’estero per essere presenti e vendere in quei territori, senza così produrre impatti negativi sull’occupazione in Italia e di fatto aumentando la presenza del made in Italy nel mondo.

Si potrebbe discutere a lungo su questo modello che sembra scivolare via dalle prime pagine sia dei giornali, sia delle agende politiche, sia dai commenti internazionali tutti concentrati sui mondi delle banche e delle multinazionali, non si sa se ignari, sorpresi o addirittura infastiditi del successo delle PMI italiane, fenomeno che sfugge al controllo.

Lascio ad altri questi commenti, Di Vico in primis. Quello che mi interessa far notare, in linea con il tema del blog, è il coraggio e l’impegno di imprese che hanno capito che non è più il tempo dell’ abbiamo sempre fatto così, ma è ornai giunto il momento di avere fiducia nei propri mezzi e voglia di crescere secondo le regole di oggi anzi addirittura anticipandole.

sabato 4 febbraio 2012

Promozione o bocciatura?




Domanda (nel post di ieri): che cosa c’entra la difficoltà alla vendita e l’effetto concorrenza2 con la vendita all’estero?

Risposta: c’entra in due modi che convergono.

Il primo: che cosa facciamo per renderci appetibili dai potenziali clienti così da essere desiderati più di…. un iPad? Anche all'estero, perché dovrebbero scegliere noi? Che cosa facciamo perché desiderino i nostri prodotti non solo più di quelli dei nostri diretti concorrenti, ma di altri desiderabili per soddisfare delle aspettative di felicità? 

Il secondo: abbiamo chiaro il concetto che avere un prodotto di qualità oggi non basta più essendo ormai questa una sola condizione necessaria per essere sul mercato, ma non più sufficiente?

La convergenza: abbiamo un prodotto, il Made in Italy, che è garanzia di creatività e di qualità. E trova spazio ovunque. Ricordate l’intervista a FMPack dove ci viene spiegato come la firma madeinItaly fa vendere di più anche i dispenser di nastro adesivo da pacchi?

Ma non dobbiamo pensare che allora ci basterà scendere a Time Square, aprire la nostra bancarella, esporre la nostra mercanzia, diciamo scarpe a prezzi di lusso per rappresentare il prodotto tipo, perché tutti ci prendano d’assalto facendo a botte per comperare ciò che proponiamo.

Questa è presuntuosa insipienza.

Senza un adeguata promozione, avere un prodotto di qualità non basta più.

Non basta più esporre nei nostri siti web o nelle pagine Facebook la nostra merce confondendo il concetto di news con quello di “guarda che cosa ho di nuovo e di bello nel mio negozio”.
Quale valore diamo perché ci venga riconosciuta affidabilità e fiducia? Come facciamo a creare desiderio verso la nostra offerta?
Di che cosa dobbiamo parlare? A chi? Sappiamo a chi rivolgerci? Con quali mezzi? Con quali linguaggi?
E soprattutto come facciamo a farlo senza un salto di mentalità che forse da soli non siamo pronti a fare?


Domani continuiamo sul tema.

lunedì 30 gennaio 2012

Chi non risica non rosica

Prossimo post mercoledì 1 febbraio




Va di moda il nuovo spot Fiat che, nel promuovere la Panda, parla dell’Italia che incita a lanciarsi nella crescita, nella nuova rinascita.
È chiaro che c’è uno sforzo da fare. Notevole. Ed è altrettanto chiaro che siamo stanchi, delusi, scoraggiati. Ci siamo fatti derubare del futuro.
E i questi momenti esce il meglio. Ma spesso anche il peggio.
Vale a dire quella propensione alla prudenza, che fa del nostro paese uno di quelli a maggiori risparmio familiare, diventa tignosità, incoerenza, cecità.
Tutto vogliono crescere, svilupparsi, espandersi. Ma gratis. O meglio senza rischiare.
Incontro artigiani e imprenditori che si lanciano in voli pindarici ricchi di BRICS, sponde atlantiche e pacifiche, sogni esotici, con occhi a mandorla. E poi quando proponi, con piani e criteri razionali, illustrati, documentati, investimenti minimi, si parla di unità di migliaia di euro, fuggono inorriditi come di fronte ad una proposta oscena.
Ora comprendo che il presupposto per costruire una relazione professionale sia la fiducia, e che questa sia difficile da costruire in un’epoca come questa.
Ciò che oso suggerire non è quindi di credere alle previsioni del primo che passa, e io mi metto in prima fila, senza verificare.
Ciò che vorrei ricordare è che senza un rischio anche minimo non c’è speranza di crescita, e che noi italiani abbiamo sì tra le mani un grande valore, che è il Made in Italy stimato ovunque, ma siamo anche considerati un popolo spesso poco affidabile, un po’ Totò che cerca di piazzare la Fontana di Trevi un po’ Schettino che fugge dalla nave.
Dobbiamo perciò confermare il credito con un messaggio chiaro. E non pensare che siccome siamo bravi e belli tutti correranno da noi.
Ci vuole coraggio, e oggi il coraggio vuol dire anche tirare fuori qualche banconota dal portafoglio.
Con cognizione di causa, certamente.
Ma bisogna farlo.

Che cosa ne pensate?