Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


sabato 29 agosto 2015

Cronaca di un fallimento annunciato: come non esportare.



Stiamo raccontando la storia di un fallimento previsto, una impresa che vuole esportare prodotti alimentari nell’Est europeo senza sapere nulla: qui trovi la prima parte.

Nella precedente puntata ci eravamo lasciati con questa domanda: un’idea dei costi di trasporto e dei dazi ve la siete fatta? O di quanti anelli della catena sono necessari? Come pensate di vendere direttamente ai ristoranti di Mosca, Budapest o Bucarest?
Mi ribattono: lei pensa che sia una cosa da fare o i concorrenti sono troppo agguerrito?
Di nuovo penso che mi abbiano preso per un “idiot savant”: so tutto su tutti i prodotti di tutti i mercati e sono così imbecille di raccontarlo gratis a chiunque lo chieda.
Ribadisco che ci vuole:
a)   analisi dei paesi: perché proprio questi tre?
b)   Piano di marketing: come posizionare il prodotto?
c)    Studio di fattibilità
d)   Contatti sul posto con qualcuno che conosca questi specifici mercati e i canali ai quali proporre il prodotto e il piano di sviluppo comune.
Non sembra che quello che scrivo sia ascoltato.
La nuova risposta è ancora più incalzante
Si concorda sul fatto che non si esportare in questi lontani paesi pensando di mantenere atteggiamento ed approccio all'italiana. Ma mi si chiede se per trovare agenti e distributori locali affidabili ed alle migliori condizioni sia necessario andare sin da subito sul posto oppure basta internet.
Non basta, si domanda se sia utile conoscere che tipo di indicazioni sia necessario apporre nelle lingue locali sulle confezioni dei prodotti e se, oltre ai dazi, le autorità locali richiedano certificazioni sanitarie e di qualità.
Mi stai dicendo che il lavoro te lo devo fare io?
Non hai nemmeno verificato se hai i requisiti necessari per l’export in quei paesi? E mi chiedi se in Russia, ad esempio, tu debba avere una etichetta in lingua locale? Secondo te va bene l’italiano? Come potresti essere credibile? Dimmi, solo sulla base di questo, secondo te il tuo vantaggio del 30% è ancora valido?
Spiego nuovamente che questi sono alcuni dei parametri dell’analisi da svolgere e nuovamente chiedo: ma perché fissarsi con Paesi così difficili anche per ragioni di lingua?
Pensi davvero che con un viaggio in loco tu possa trovare agenti e distributori? Dove li cerchi? Sulla Piazza Rossa? In quale lingua? Li vuoi cercare on-line? Di nuovo: in quale lingua? E con quale sicurezza?
Non ti conviene affidarti ad un esperto di quel mercato per i canali distributivi?
Non ti conviene fare prima una analisi precisa?
Nuova risposta: “al momento sto cercando di procurarmi campioni di prodotti concorrenti per farli poi analizzare dal chimico e capire tipologia e combinazioni preferite in Russia. Questo è il primo passo, per capire cosa andare ad offrire in un paese così complicato. Sto cercando di contattare distributori del posto, ma il solo google e la ricerca per parole chiavi non è sufficiente”.
Ma va? Se fosse così semplice come mai non ci sono stormi di produttori italiani a vendere in Russia?
E pensi che facendo l’analisi chimica risolvi tutto? Conosci i gusti locali? E poi cosa fai? Copi e poi? A maggior ragione per avere esattamente quello che comprano oggi, perché dovrebbero venire a comperarlo da te?
Ma questo giovane va capito, è l’imprenditore che non sembra avere le idee chiare, o anzi: sembra averle chiarissimi dato che l’intraprendete giovane aggiunge: “il titolare non vuole rimborsare eventuali spese ed afferma che la mia abilità la devo dimostrare ricercando soluzioni ‘for free’ tramite internet”.
Capito?
Andiamo all’estero, ma senza investire un solo euro.
Non è così che si fa.
In copia nell’ultimo messaggio c’è il consulente che io consiglio sempre per i mercati dell’Est, che ribatte in modo molto chiaro alla pretese del titolare furbetto:
La procedura per esportare il suo prodotto verso il mega mercato Russo è nota e consolidata, come sono anche noti i distributori sulla rete. L´approccio dell’analisi chimica non serve a nulla in generale nel business, in particolare in questo.  Non è la chimica che fa entrare il mercato ma il marketing e i distributori; sui mercati si affermano infatti i prodotti con il più alto budget di marketing. La qualità o il gusto non hanno alcun ruolo. I Russi si aspettano come noi Nordici di ricevere prodotto il più vicina possibile allo stile italiano, dato che ci proponiamo come azienda italiana. 
Comunque senza una analisi dei prezzi sui mercati (dipendenti dalle città) dei competitors sulle piazze per singola città o quartiere non è possibile entrare in nessun mercato. Figuriamoci quello russo così complesso. Un accesso “free” fatto da voi direttamente a distributori vi esporrebbe solo a diventare vittime di corruzioni e richieste di incentivi di varia natura. Inoltre, a meno che non siate inseriti in hub con credenziali affidabili, vi ritrovereste a lavorare solo coi piccoli grossisti low-cost che parlano solo in Russo. Non hanno mai imparato l´inglese o altre lingue. Noi lavoriamo solo coi grossi infatti, e sono i grossi che contattano i piccoli distributori usando la lingua locale.
Saltare il trader e cercare di arrivare ai rivenditori finali non porta a nulla: infatti senza certificazioni adesso anche in Russia tutto diventa più complicato e solo alza il prezzo da pagare in modo non necessariamente onesti”.
Quali le conclusioni?

Nella prossima puntata le troveremo insieme

lunedì 24 agosto 2015

Vuoi fallire nelle tua attività export? Fai come loro! Una pessima case history





Un modo sicuro per fallire nella vostra strategia export? Ecco un caso esemplare. Lo cito rendendolo del tutto anonimo dato che mi pare decisamente esemplificativo di una mentalità fallimentare e credo possa essere utile per capire cosa proprio non vada fatto.
La storia non è brevissima ma vale la pena leggere fino in fondo per capire… ve la propongo, magari in due tre puntate…


Mi scrive un giovane impiegato di una impresa della provincia italiana. Un’azienda neppure troppo piccola che produce prodotti alimentari, immaginatevi derivati del grano e del frumento.  È stato incaricato dal suo titolare di pormi alcune domande su come esportare i loro prodotti in alcuni paesi dell’est Europa, diciamo così per dare una ipotetica destinazione: Romania, Ungheria e, tanto per non farci mancare nulla, Russia.
Mi viene chiesto di dare un parere su questi mercati, se sono ad alto margine, e mi vengono poste domande molto concrete:
-       a quanto ammontano i dazi?
-       Come spedire la merce in quelle destinazioni? Via mare? (Via mare dall’Italia alla Russia????)
-       E, dulcis in fundo: dal prelievo della merce al punto di arrivo, il distributore locale quanto tempo impiega a rifornire scaffali di supermercati e piccoli negozi?
Primo commento: per quale ragione non ti cerchi queste informazioni da solo in rete? E se lo hai fatto e non le hai trovate per quale ragione dovrei darti queste informazioni gratis? Ma tiriamo avanti. Rispondo che il mio lavoro è altro e consiste nell’aiutare le imprese a capire come andare all’estero e a capire ad esempio perché un rumeno dovrebbe comperare la tua farina invece di quella che trova nel suo solito negozio di alimentari. Chiedo anche in base a quali analisi e studi si è pensato a questi tre paesi.
Nella successiva mail non arriva nessuna risposta ma altre domande:
l’idea è del titolare che ha visto che il prezzo su questi mercati è superiore di un 30% a quello a cui loro lo vendono (a chi? Al cliente finale? Al distributore?) e quindi ha pensato bene di buttarcisi a pesce cercando di arrivare ovunque: dalla grande distribuzione, ai ristoranti, alle panetterie, ai negozietti.
Un’idea dei costi di trasporto e dei dazi ve la siete fatta? O di quanti anelli della catena sono necessari? Come pensate di vendere direttamente ai ristoranti di Mosca, Budapest o Bucarest?

Che cosa mi hanno risposto? Restate con noi, la prossima puntata lo svela.