Un blog per vendere all'estero

Vendere all'estero è una grande opportunità per le aziende italiane, tutte, specie quelle artigianali, piccole e medie.
In questo blog lavoreremo insieme per trovare la strada migliore e avere successo con facilità.

Tra vent’anni sarai più deluso delle cose che non hai fatto che di quelle che hai fatto. E allora molla gli ormeggi. Lascia i porti sicuri. Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. Esplora. Sogna

Mark Twain.


sabato 2 febbraio 2013

Storie di export ordinario


Andare all’estero ci dicono: l’export è la nostra salvezza. Vero. Lo dimostrano più che gli studi i risultati ottenuti da quelle PMI che hanno diversificato i mercati geografici e che hanno avuto il coraggio di cercare oltreconfine quelle soddisfazioni che l’Italia negava loro.
Lo abbiamo visto anche queste pagine virtuali intervistando molti imprenditori che ci hanno raccontato la loro esperienza di successo(qui sotto l’elenco con i link alle loro avventure), di un successo costruito con intelligenza e non senza fatica o errori, ma con la volontà sicura di riuscire e di studiare per farlo. 

Ma bisogna saperlo fare o farsi guidare da chi ha esperienza e metodo.

Le storie di oggi sarebbero comiche non fossero tragiche.

Le ho raccolte da esperienze dirette o indirette, saperlo non cambia nulla, e le racconto non per mettere alla berlina individui sprovveduti, ma per mettervi in guardia e aiutarvi a capire che errori non commettere, perché sono dolorosi e producono guai.

Il fattore che ha successo localmente con salumi e formaggi e salse fatte in casa e promosse nei negozi e mercati locali che vuole esportare negli States è ti chiede un aiuto per vendere a New York e Washington. E ti chiedi: perché proprio NYC e DC? Sulla base di quale analisi? Quella condotta nei serial TV? Salumi? E salse in vasetto? Non ti fanno neanche salire a bordo se sanno che porti con te simili prodotti? E venderli poi dove? Sulle bancarelle a Times Square? Come? Come ti promuovi? “In paese mi conoscono tutti” è il tuo pay-off? Potrebbe anche funzionare, se a dirlo fosse Robert de Niro vestito da fattore marchigiano magari. Dov’è la strategia? E che cosa pensi di investire?

Il produttore di accessori per abbigliamento che manda specifiche e fotografie, propone –anzi: impone- le sue condizioni, non risponde alle prime mail che richiedono informazioni e dettagli e poi sparisce dalla circolazione. Non una, ma due o tre volte, ogni volta contattando un interlocutore diverso: Camera di Commercio, società di intermediazione, esperto di export. Cos’è? Siamo su scherzi a parte? Giochiamo a nascondino?

Il negozio del centro, di lusso, che vende prodotti di design e che per un anno flirta con te per capire, per imparare, per attingere poi decide di muoversi da solo perché ci sono mondi che ti stanno aspettando e non si può prima pensare: bisogna agire subito. “Poi ho amico che conosce uno che ha sempre delle condizioni sicure e particolari e può ottenermi questo e quello” e magari afferma di avere una cliente asiatica che promette l’apertura di negozi monomarca e garantisce  un successo senza pari. E poi, dopo qualche mese, scopri che quella fiera che doveva essere gratuita e garantire l’introduzione nel paese gli è costata una barca di soldi e ci ha rimesso la merce che le autorità si sono trattenute. E che la catena non era monomarca ma un trucco per spillarti prodotti senza pagarteli. Valeva la pena? Siamo davvero così ingenui?

Il consulente fiscale che si improvvisa imprenditore perché invece di aiutare a spegnersi una attività d’artigianato calzaturiero di qualità ci vede un futuro radioso con scarpe vendute in tutto il mondo fatte a mano, su misura, su disegno e commissione. Bell’idea, ma quando hai da investire? Quanto puoi aspettare per farti conoscere? Viene fuori che l’idea è di produrre milioni di utili investendo meno di 500.000 €, come a dire proventi che neppure la mafia potrebbe garantire, e in tempi brevi che dopo quattro mesi di investimento in azioni di promozione, quando stavano dando i frutti, come sempre interviene qualcuno –diciamolo: della famiglia- a dire “io lo so fare meglio, guarda che ti faccio vedere”. Risultato? In neanche sei mesi fallimento totale dell’attività. Non solo questa, ma anche le altre.

Storie di ordinaria follia? Diciamo di passione. Però poi ti chiedi perché all’estero di fidano poco di noi o perché non abbiamo il successo che vogliamo.
Perché un conto è essere volitivi, altro velleitari e presuntosi.

Per informazioni chiedere a

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